"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\qc\\plain\\lang1024\\f2\\fs20\\cf1 Cristallino\r\n\\par \\pard\\plain\\lang1024\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par Il cristallino \\'e8 una lente trasparente biconvessa, che si trova tra iride e corpo vitreo; la faccia anteriore \\'e8 pi\\'f9 piatta della posteriore, nella quale si continua in corrispondenza dell'equatore.\r\n\\par Strutturalmente il cristallino si compone di due parti: la capsula (o cristalloide) e il parenchima, a sua volta costituito da una parte centrale (il nucleo) e una periferica (la corticale).\r\n\\par La capsula \\'e8 una membrana che avvolge interamente la lente e offre ancoraggio, in prossimit\\'e0 dell'equatore, alle fibre della zonula di Zinn, che costituiscono l'apparato sospensore del cristallino al corpo ciliare. Al di sotto della capsula anteriore si trova l'epitelio capsulare, formato da uno strato di cellule piatte i cui prolungamenti verso l'equatore sono le fibre del cristallino. Nel corso dello sviluppo le fibre pi\\'f9 vecchie occupano la posizione centrale, sono fittamente stipate e formano il nucleo. Tutte le fibre hanno un decorso elicoidale e lunghezza simile, perch\\'e9 sono inserite sia anteriormente che posteriormente sui bracci di ispessimenti stromali a forma di 'Y', diritta davanti e capovolta posteriormente.\r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1 La trasparenza della lente \\'e8 dovuta a due fattori: la mancanza di vasi (per cui viene nutrita dall'umore acqueo) e la regolare disposizione delle fibre. La sua elasticit\\'e0 permette dei cambiamenti di convessit\\'e0 e quindi la messa a fuoco o accomodazione.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "rieducazione",
"Codice": "7939",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 RIEDUCAZIONE VOCALE DEI LARINGECTOMIZZATI\r\n\\par \r\n\\par La mutilazione principale che segue a una laringectomia \\'e8 quella della voce, che ha nella laringe l'organo \"generatore\", mentre le altre cavit\\'e0, come la faringe, il naso e la bocca, con i loro movimenti e cambiamenti di volume, funzionano solo da risonatori. Inoltre nel portatore di tracheostoma vengono a mancare le azioni di difesa svolte dal naso e dalla faringe (riscaldamento e inumidimento dell'aria esterna, azione batteriostatica del muco) e quelle svolte dalla laringe (questa infatti tramite l'epiglottide impedisce ai corpi solidi e liquidi di penetrare nella trachea), per cui i malati portatori di un tracheostoma saranno sempre soggetti a infiammazioni della trachea e dei bronchi. La perdita della voce rappresenta, come abbiamo detto, la mutilazione pi\\'f9 grave a cui vanno incontro gli individui operati di laringectomia totale. Tale mutilazione pu\\'f2 peraltro essere corretta con un'adeguata rieducazione: questa ha lo scopo di creare nel tubo digerente la possibilit\\'e0 di una riserva d'aria, che funga da polmone vicario, e, al di sopra di questa, una formazione capace di vibrare sotto la spinta dell'aria espulsa e quindi di produrre un suono. Attualmente la riserva d'aria \\'e8 creata nel tratto cervicale dell'esofago; la muscolatura dell'estremit\\'e0 superiore dell'esofago (bocca dell'esofago), di cui \\'e8 possibile controllare la contrazione, funge da neo-glottide.\r\n\\par E' consigliabile iniziare la rieducazione fonetica al pi\\'f9 presto possibile, non appena siano scomparsi i fenomeni reattivi conseguenti all'intervento di laringectomia. Inizialmente il paziente deve allenarsi alla deglutizione di aria e successivamente alla sua espulsione sonora, ossia in pratica a produrre eruttazioni rumorose. Una volta realizzata la sonorizzazione dell'aria, sar\\'e0 possibile farla articolare, con opportuni movimenti della lingua e delle labbra, nei vari suoni vocalici, dapprima singolarmente, quindi unendoli gli uni agli altri in numero maggiore possibile con una sola emissione. I risultati sono generalmente buoni e i laringectomizzati apprendono una voce esofagea sufficientemente sonora nel giro di qualche settimana; solo in casi particolari, legati a inibizioni psicologiche, a determinate condizioni anatomiche faringoesofagee o alla particolare evoluzione cicatriziale dopo l'intervento, la rieducazione vocale \\'e8 impossibile o insufficiente. In questi casi esistono in commercio protesi costituite da vibratori elettronici azionati da pile, che si appoggiano esternamente, nella regione sottomentoniera, e generano un suono fondamentale, destinato a essere poi articolato dal paziente: la voce che si ottiene \\'e8 per\\'f2 monotona e alquanto sgradevole, anche per le limitate possibilit\\'e0 di controllo della sua intensit\\'e0. Pi\\'f9 modernamente sono state create speciali valvole in plastica, con una parte vibrante (protesi fonatorie), che vengono posizionate tra trachea ed esofago e consentono la produzione di una voce accettabile.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "simili al diabete",
"Codice": "7456",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 MALATTIE SIMILI AL DIABETE INSIPIDO\r\n\\par \r\n\\par Chiunque urina molto ha il diabete insipido? Certo che no. A parte malattie quali il diabete mellito, in cui il malato urina molto perch\\'e9 con le urine viene eliminato glucosio, il quale (per ragioni osmotiche) trascina con s\\'e9 acqua; a parte malattie renali-croniche, nelle quali l'abbondanza delle urine \\'e8 giustificata dall'incapacit\\'e0 del rene, precedentemente leso, a trattenere come di norma l'acqua, esistono altre malattie molto simili al diabete insipido nelle quali per\\'f2 la poliuria non si giustifica con una diminuzione dell'adiuretina. Una di queste, per la verit\\'e0 ancora non ben definita, \\'e8 dovuta alla lesione del centro della sete, localizzato nell'ipotalamo. Questo centro regola in condizioni normali l'entit\\'e0 della sensazione di sete che un individuo avverte quando il suo organismo necessita di acqua. Una lesione di tale centro pu\\'f2 provocare l'insorgenza della sete anche quando l'organismo non abbisogna affatto di acqua. L'individuo quindi introduce acqua in eccesso, che i reni provvedono poi a eliminare perch\\'e9 inutile. Un'altra malattia ancora pi\\'f9 strana va sotto il nome di potomania, mania di bere. In questi soggetti tutti i meccanismi che regolano il ricambio dell'acqua sono normali. E' l'atteggiamento psichico che \\'e8 anormale: si tratta, come dice il termine stesso di \"mania\", di una vera malattia della psiche. in questo caso, come nel precedente, rispetto al diabete insipido la situazione \\'e8 rovesciata: l'individuo non riesce a controllare il desiderio di bere e pertanto beve non per compensare la perdita di acqua che si realizza attraverso il rene, ma solo per soddisfare la sete insorta indipendentemente dalle reali necessit\\'e0 dell'organismo. Qui, anzi, il rene compensa, con un aumento delle urine escrete, l'eccesso di acqua introdotta. Occorre citare infine la SIAD, sindrome da inappropriata secrezione di vasopressina (ADH). Questa rara sindrome \\'e8 caratterizzata, infatti, da un aumento relativo o assoluto della secrezione di ADH. Essa pu\\'f2 essere dovuta a secrezione ectopica dell'ormone da parte di tessuti neoplastici (tumori del fegato, del polmone, del pancreas) o da processi infiammatori (tubercolosi, ascessi, infezioni). Alternativamente vi pu\\'f2 essere una inappropriata secrezione di ADH a livello ipotalamo-ipofisario nel corso di varie patologie del sistema nervoso centrale (neoplastiche, vascolari, infiammatorie, granulomatose).\\plain\\f2\\fs20 \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "puntura lombare",
"Codice": "7412",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx5328\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PUNTURA LOMBARE\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Le tecniche pi\\'f9 usate di prelievo del liquor sono la puntura lombare e la puntura sottoccipitale. A quest'ultima (in cui l'ago viene introdotto nel punto di incrocio fra la linea verticale mediana e la linea orizzontale che unisce la punta delle apofisi mastoidee o processi mastoidei) si ricorre quando la puntura lombare non pu\\'f2 essere effettuata per l'esistenza di ostacoli anatomici o in caso di compressione del midollo spinale (in tale eventualit\\'e0 pu\\'f2 essere opportuno confrontare il liquor prelevato al di sotto del blocco con quello raccolto al di sopra dello stesso) o quando si voglia introdurre nello speco vertebrale un mezzo di contrasto, cio\\'e8 una sostanza opaca ai raggi X, per l'esecuzione di una mielografia (al fine di esplorare l'esistenza o meno di un \"blocco spinale\") che non sia possibile per via lombare. La puntura lombare, introdotta nella pratica medica nel 1890, \\'e8 la tecnica comunemente usata per il prelievo del liquor; tale tecnica \\'e8 di facile esecuzione ed \\'e8 praticamente priva di pericoli quando vi si sottopongono pazienti nei quali sia stata preventivamente esclusa l'esistenza di un'ipertensione endocranica dovuta a un processo espansivo intracranico (tumori, ematomi). In questa eventualit\\'e0, infatti, la sottrazione di quantit\\'e0 anche piccole di liquor provoca la rapida caduta di pressione del liquor stesso che pu\\'f2 causare una compressione acuta del bulbo (estremamente grave) per l'impegno delle amigdale cerebellari o del lobo temporale nel foro occipitale. t pertanto buona norma decidere l'esecuzione della puntura dopo un attento esame clinico del malato e dopo un controllo del fondo dell'occhio a mezzo dell'oftalmoscopio (\\'e8 noto, infatti, che uno dei segni fondamentali, anche se non costanti, della ipertensione endocranica \\'e8 la papilla da stasi). In ogni caso, comunque, quando, nonostante la negativit\\'e0 di tutti i reperti, si sospetti l'esistenza di un tumore cerebrale \\'e8 opportuno che la puntura lombare venga eseguita tenendo il paziente in decubito laterale e che si proceda alla sottrazione di minime quantit\\'e0 di liquor (1-2 cc). La puntura lombare infatti pu\\'f2 essere eseguita (preferibilmente il mattino a digiuno) tenendo il\r\n\\par \r\n\\par Puntura lombare o rachicentesi A sinistra, sedi e modalit\\'e0 di esecuzione della puntura del canale vertebrale. Deve essere rilevata l'inclinazione che l'ago assume per poter penetrare nel canale vertebrale. Puntura sottoccipitale: si pratica in corrispondenza della cerniera craniovertebrale. La manovra si prefigge di penetrare con l'ago negli spazi subaracnoidei a livello della cisterna magna, posteriormente al e midollo cervicale; punturafra Il e III vertebra toracica: l'ago ha una direzione obliqua dal basso verso l'alto; punturafra VII e VIII vertebra toracica: l'inclinazione dell'ago \\'e8pi\\'f9 accentuata rispetto alla precedente per poter passarefra le apofisi a spinose che a questo livello hanno inclinazione pi\\'e0 marcata; puntura tra IV e V vertebra lombare: l'ago \\'e8 mantenuto in posizione quasi orizzontale e vienefatto passare in questo punto in quanto gli spazi interspinoso e a interiaminare raggiungono la maggior ampiezza. A destra, il punto d'elezione per praticare la puntura lombare \\'e8 lo spazio tra la IV e la V vertebra lombare (cerchio rosso). La linea rossa rappresenta la linea che e congiunge le due creste iliache: essa incrocia l'apofisi spinosa della IV vertebra lombare sulla linea mediana e viene tracciata per il riconoscimento degli spazi intervertebrali.\\plain\\f2\\fs20 \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "ANEURISMA",
"Codice": "7273",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx2854\\plain\\f2\\fs20\\cf1 ANEURISMA DELL'AORTA - Trattamento chirurgico\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx200\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La chirurgia degli aneurismi dell'aorta toracica \\'e8 praticamente cominciata verso la fine degli anni Sessanta, anche se prima di allora sporadici tentativi erano stati eseguiti, senza per\\'f2 essere coronati da successo. Oggi invece, grazie ai progressi sia nell'ambito delle metodiche diagnostiche sia in quello delle tecniche chirurgiche, gli aneurismi dell'aorta toracica sono entrati nel campo della chirurgia, e i pazienti che ne sono affetti non vengono pi\\'f9 abbandonati al loro destino, ma sottoposti a intervento chirurgico. Il pi\\'f9 delle volte si tratta di asportare il segmento di aorta toracica divenuto aneurismatico e di sostituirlo o con un tratto di aorta sana prelevato da un cadavere umano o da un animale (rispettivamente trapianto omologo e trapianto eterologo) o con un tubo di uno speciale materiale sintetico (dacron).\r\n\\par Riguardo alla tecnica operatoria usata per la cura degli aneurismi dell'aorta toracica, dobbiamo distinguere gli aneurismi sacciformi da quelli fusiformi. Per gli aneurismi sacciformi, i problemi chirurgici sono ridotti al minimo, dato che non esiste la necessit\\'e0 di interrompere il flusso sanguigno nell'aorta. La tecnica operatoria \\'e8 semplice: consiste nell'isolare accuratamente la sacca aneurismatica dalle strutture vicine, nel porre due pinze (angiostati) in corrispondenza del colletto, nel sezionare la parte compresa fra le pinze e infine nell'eseguire un'accurata sutura sul moncone restante, in modo che, alla rimozione della pinza, il calibro arterioso venga ad assumere aspetto e dimensioni normali.\r\n\\par In caso di aneurisma fusiforme non esiste la possibilit\\'e0 di escissione dell'aneurisma senza interrompere il flusso aortico; la chirurgia degli aneurismi fusiformi prevede necessariamente la resezione, cio\\'e8 l'asportazione, del tratto di aorta aneurismatica e la sostituzione di esso con una protesi di dacron.\r\n\\par Per realizzare tutto ci\\'f2, \\'e8 necessario interrompere il flusso sanguigno attraverso l'aorta. Questo comporta una serie di problemi, legati alla necessit\\'e0 di non privare dell'irrorazione sanguigna gli organi a valle e a monte del tratto di aorta da sostituire per tutta la durata dell'interruzione della corrente sanguigna, che pu\\'f2 essere pi\\'f9 o meno lunga. Infatti, se tali organi non venissero irrorati dal sangue, si avrebbero gravi disturbi funzionali dovuti a ischemia. Se l'aneurisma \\'e8 a carico dell'aorta ascendente o dell'arco aortico, prima di sostituire il tratto leso con la protesi, bisogna provvedere all'incannulazione e, quindi, all'irrorazione delle arterie carotidi, oltre che delle coronarie: si rende quindi necessario utilizzare la circolazione extracorporea. Se l'aneurisma \\'e8 a carico dell'aorta discendente, bisogna ristabilire la corrente sanguigna del tratto sottoaneurismatico. Ci\\'f2 viene realizzato mediante il by-pass sinistro: esso consiste schematicamente in un tubo di plastica di cui un'estremit\\'e0 \\'e8 introdotta nell'atrio sinistro per prelevarne il sangue e l'altra estremit\\'e0 termina in un recipiente da dove, grazie a un sistema di tubi, pompa e filtri, il sangue viene rimesso nell'organismo mediante un'apposita cannula, a livello dell'arteria femorale, per essere distribuito in tutti gli organi che dipendono dall'aorta a valle della zona di interruzione. Tale apparecchiatura assomiglia a quella della circolazione extracorporea, salvo che in essa manca l'ossigenatore, in quanto sono i polmoni del malato stesso a ossigenare il sangue; inoltre una differenza fondamentale tra la circolazione extracorporea e il by-pass sinistro \\'e8 che nella prima il sangue dalle vene cave viene prelevato in toto, mentre nel secondo il sangue dell'atrio sinistro viene preso in quantit\\'e0 necessaria per l'irrorazione della met\\'e0 inferiore del corpo. Durante il by-pass sinistro, infatti, soltanto una parte del sangue che arriva dai polmoni nell'atrio sinistro passa nell'apparecchiatura, mentre l'altra parte segue il percorso normale: atrio sinistro, ventricolo sinistro, aorta ascendente, irrorando cos\\'ec la parte superiore del corpo e, in particolare, il cervello. In tale condizione l'aorta toracica discendente pu\\'f2 essere pinzata, sezionata e asportata senza che compaiano disturbi anossici a carico di alcun organo.\r\n\\par Il malato, sottoposto ad un intervento per aneurisma dell'aorta toracica discendente trattato mediante resezione e interposizione di protesi, viene anestetizzato con intubazione endotracheale, e sistemato sul fianco destro. Si procede quindi a porre, nell'arteria radiale e nella vena radiale superficiale, appositi cateteri, collegati con un apparecchio elettronico, grazie ai quali si hanno i dati riguardanti le pressioni arteriosa e venosa istantanee, di grandissima importanza durante il by-pass sinistro. Quindi si denuda per un tratto sufficiente l'arteria femorale, ove verr\\'e0 introdotta la cannula arteriosa.\r\n\\par Dopo aver aperto il torace mediante una toracotomia sinistra, appare la massa aneurismatica battente che aderisce alle strutture vicine. Inizia allora il momento pi\\'f9 delicato di tutto l'intervento: si tratta di separare, con estrema cautela, la massa aneurismatica dalle strutture adiacenti. Talora questa manovra non \\'e8 possibile, date le aderenze troppo intime e pericolose; in questi casi il chirurgo procede direttamente al controllo dell'aorta a monte e a valle dell'aneurisma, per delimitare bene quest'ultimo.\r\n\\par Fatto ci\\'f2, si passa a preparare il by-pass sinistro una cannula di plastica viene introdotta nell'atrio sinistro passando attraverso l'auricola sinistra, mentre nell'arteria femorale, gi\\'e0 denudata, viene inserita un'altra cannula. Previa iniezione di eparina, vengono eseguiti i necessari raccordi con l'apparecchiatura per il by-pass, poi quest'ultimo viene avviato mentre il chirurgo procede a pinzare l'aorta sana sia sopra sia sotto l'aneurisma. A questo punto, l'aneurisma viene sezionato tra le due pinze e, liberate le aderenze residue, si asporta la massa aneurismatica: al suo posto si mette un tubo di dacron che viene suturato ai due monconi aortici. Indi si ferma il by-pass e si tolgono le pinze dall'aorta: il sangue passa cos\\'ec attraverso la protesi percorrendo tutta l'aorta. La cannula femorale e quella dell'atrio sinistro vengono tolte; poi, controllata l'emostasi e posto un tubo di drenaggio nella cavit\\'e0 pleurica sinistra, si suturano i vari strati del torace.\r\n\\par La tolleranza della protesi \\'e8 molto buona; attualmente sono ancora in vita soggetti nei quali tratti di arteria sono stati sostituiti con protesi pi\\'f9 di venti anni fa.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "insuff. mitralica",
"Codice": "7164",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 INSUFFICIENZA MITRALICA Chirurgia conservativa \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Questo tipo di chirurgia da qualche tempo si sta riaffermando grazie soprattutto a un metodo semplice e ingegnoso proposto da un chirurgo francese (Carpentier). Questo tipo di valvuloplastica parte dal presupposto che un'insufficienza mitralica \\'e8 frequentemente dovuta a uno sfiancamento dell'anello che rappresenta il supporto valvolare (anulus). La conseguenza di tutto ci\\'f2 \\'e8 l'allontanamento reciproco dei lembi valvolari, che pertanto non svolgono pi\\'f9 efficacemente la loro funzione emodinamica.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 ANULOPLASTICA DI CARPENTIER. La valvuloplastica di Carpentier si giova di un anello metallico rigido che, applicato sulla faccia atriale dell'anulus anatomico ridona alla valvola una forma normale e ai lembi un corretto combaciamento in fase di chiusura. Scelto l'anello adatto per mezzo di un apposito misurato esso viene fissato all'interno dell'atrio mediante una serie di punti di sutura che, passati dapprima sull'anulus anatomico, vengono poi ancorati al tessuto di teflon che, come nelle protesi artificiali, circonda l'anello metallico.\r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'intervento quindi \\'e8 condotto a cuore aperto pertanto si svolge in circolazione extracorporea.\r\n\\par I risultati ottenuti con questa metodica sono eccellenti e permettono di restituire al paziente condizioni di vita pressoch\\'e9 normali. Questo sistema di plastica valvolare si \\'e8 dimostrato molto efficace e interessante, perch\\'e9 da un lato assicura un rendimento emodinamico normale, senza pericoli di insufficienza valvolare recidivante, e dall'altro, essendo realizzato con un corpo estraneo di modestissime dimensioni, questo viene velocemente ricoperto e inglobato dai processi reattivi che ne nascondono, all'interno del cuore, la sua presenza. L'interesse specifico di ci\\'f2 \\'e8 dovuto al fatto che esso non richiede alcuna terapia anticoagulante e assicura al paziente un risultato duraturo.\r\n\\par Molto spesso l'applicazione di un anello valvolare di Carpentier rappresenta comunque la fase finale di un intervento di plastica mitralica, che \\'e8 preceduto da altre manovre correttive. Queste possono essere una commissurotomia (ovviamente a cuore aperto), una modificazione delle corde tendinee, che possono essere allungate, accorciate, reimpiantate, trasferite da una zona di impianto a un'altra, o addirittura sostituite con corde artificiali in teflon. Altri interventi possono essere eseguiti sui lembi, come resezioni parziali, riparazioni o quantomeno allargamenti con pezze di pericardio, asportazione degli ispessimenti fibrosi. Sono tutte tecniche di recentissima introduzione che molte volte consentono di evitare di rimandare nel tempo la sostituzione valvolare con protesi meccanica.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "VARICI",
"Codice": "7818",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx2689\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CHIRURGIA DELLE VARICI\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx195\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il principio su cui si fonda la terapia chirurgica delle varici \\'e8 quello di impedire che il sangue refluisca dall'alto, a causa del mancato funzionamento degli apparati valvolari venosi che sono divenuti \"incontinenti\" in seguito alla dilatazione della vena. Ci\\'f2 si ottiene essenzialmente con la sezione tra due legature della vena grande safena in prossimit\\'e0 del suo sbocco nella vena femorale, raggiunta mediante un'incisione cutanea a livello della piega inguinale, ed eventualmente anche della vena piccola safena, qualora anch'essa sia sede di varici, in prossimit\\'e0 del suo sbocco nella vena poplitea, raggiunta mediante un'incisione al di sotto del cavo popliteo. Le safene, dopo questi tempi preliminari, vengono asportate con un procedimento che viene detto di stripping e che consiste nell'estrazione per via sottocutanea delle vene stesse. Per fare ci\\'f2 si infila nelle vene una sonda (di Babcock o di Myers) flessibile e di calibro adeguato. La sonda (o stripper) viene infilata nella grande safena dal basso, dopo che questa \\'e8 stata isolata attraverso una piccola incisione al di sopra del malleolo interno. Lo stripper reca a un'estremit\\'e0 un rigonfiamento sferico o cupoliforme che serve a trascinare la vena quando la sonda stessa viene tirata dall'estremit\\'e0 opposta.\r\n\\par Molto spesso esistono anche dei grovigli venosi, i quali sono sempre dovuti a varici delle vene tributarie della grande o della piccola safena che invece, pur dilatate, conservano un asse verticale a decorso rettilineo. In questi casi, prima di effettuare lo stripping, bisogna praticare una exeresi dei pacchetti venosi sottocutanei e un'interruzione delle vene perforanti che ad essi affluiscono. Al termine dell'intervento si applica un bendaggio elastico da portare per qualche giorno, per ridurre l'entit\\'e0 degli ematomi che si formano dopo lo stripping.\r\n\\par Nonostante l'intervento chirurgico si presenti come terapia radicale, pu\\'f2 accadere che dopo qualche tempo compaiano nuove varici recidive, dovute al progredire della malattia varicosa o a incompleta o imperfetta exeresi dei gavoccioli varicosi che continuano ad essere riforniti da vene comunicanti con il sistema venoso profondo. in questo caso le nuove varici vanno legate e sezionate chirurgicamente con piccoli interventi ambulatoriali in anestesia locale, oppure trattate con terapia sclerosante.\r\n\\par \\pard\\tx76\\plain\\f2\\fs20\\cf1 In realt\\'e0 le varici che ricompaiono dopo un intervento di safenectomia correttamente eseguito non dovrebbero essere considerate delle vere e proprie recidive, perch\\'e9 non sono connesse al sistema delle safene (ormai asportato) e quindi ad un'importante stasi venosa. Per lo pi\\'f9 si tratta di una dilatazione di altre vene superficiali dovuta ad una debolezza costituzionale della parete venosa che si pu\\'f2 inquadrare in una sorta di stato di male varicoso. Si pu\\'f2 parlare di recidiva solo quando l'intervento \\'e8 stato incompleto o non correttamente eseguito.\r\n\\par \\pard\\tx195\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Recentemente \\'e8 stata introdotta una nuova tecnica chirurgica che non prevede l'asportazione della safena in toto, ma semplicemente la sua legatura multipla eseguita in ambulatorio attraverso microincisioni cutanee in anestesia locale. Le legature vengono effettuate subito al di sotto dello sbocco delle vene comunicanti insufficienti, per ristabilire un flusso fisiologico del sangue verso il circolo venoso profondo. Questa nuova tecnica, chiamata CHIVA (Cure H\\'e9modynamique Insuffisance Veineuse Ambulatoire), offre degli indiscutibili vantaggi, legati soprattutto alla possibilit\\'e0 di evitare l'anestesia generale e il ricovero per l'intervento; inoltre sembra fornire degli ottimi risultati estetici. La sua esecuzione necessita per\\'f2 di un accurato studio emodinamico mediante l'eco-doppler, per il reperimento delle vene da legare.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "ARTERIOSA DIRETTA",
"Codice": "7330",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx3199\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CHIRURGIA ARTERIOSA DIRETTA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La chirurgia diretta delle trombosi arteriose comprende varie tecniche: la disostruzione arteriosa e l'applicazione di patch (pezza di materiale sintetico o biologico che serve ad allargare il lume arterioso), l'arteriectomia e il trapianto arterioso, il cosiddetto .pontage\" o \"by-pass\".\r\n\\par La scelta tra una di queste tecniche sar\\'e0 indubbiamente suggerita dal tipo particolare di lesione, dall'estensione di essa e naturalmente dalla localizzazione del processo patologico.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 DISOSTRUZIONE ARTERIOSA. La disostruzione \\'e8 indubbiamente l'intervento di scelta se l'esame arteriografico ha mostrato una lesione trombotica di non eccessiva lunghezza.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Pu\\'f2 essere interessata l'arteria iliaca comune oppure l'iliaca esterna o la femorale comune o la femorale profonda: si tratta, come si vede, di grosse arterie, la cui ostruzione \\'e8 la causa di tutta quella serie di disturbi, anche gravi, che conducono il paziente al tavolo operatorio.\r\n\\par Le trombosi delle arterie distali, dato il loro calibro pi\\'f9 ridotto, non sono responsabili di imponente sintomatologia e perci\\'f2 assai raramente necessitano di interventi di chirurgia vascolare.\r\n\\par Seguendo i dati dell'esame arteriografico, l'arteria colpita viene messa a nudo per tutto o buona parte del tratto ostruito o trombizzato, che appare privo di pulsazione e trasformato in un grosso cordone duro e immobile.\r\n\\par Si colloca un clampo vascolare (angiostato a bull-dog) sull'arteria a monte della trombosi e un altro a valle della trombosi stessa.\r\n\\par A questo punto si incide longitudinalmente l'arteria proprio nel tratto che \\'e8 sede di trombosi: dall'apertura arteriosa non si vedr\\'e0 fuoriuscire sangue, segno che la trombosi \\'e8 completa; apparir\\'e0 al contrario il trombo, talora friabile, talora duro e calcificato, intimamente aderente alla parete arteriosa.\r\n\\par Bisogna cercare di creare un piano di scollamento tra la parete arteriosa e il trombo e, con opportuni stiramenti e pinzamenti del trombo stesso, quest'ultimo viene asportato e il lume arterioso pu\\'f2 essere liberato da tale ostacolo.\r\n\\par A questo punto \\'e8 opportuno osservare se il sangue circola liberamente sia a monte sia a valle: per fare ci\\'f2 si toglie un attimo il clampo a monte e si valuta la validit\\'e0 del flusso arterioso anterogrado, poi si toglie quello a valle e si nota se esiste un flusso retrogrado, segno di perviet\\'e0 distale dell'arteria.\r\n\\par Se queste due prove sono positive, si pu\\'f2 passare alla fase terminale, che consiste nella chiusura dell'incisione arteriosa mediante sutura diretta oppure mediante applicazione di un patch di allargamento per non creare una nuova stenosi.\r\n\\par Fatto ci\\'f2, non rimane che suturare i vari strati: fasciale, muscolare e cutaneo, che erano stati incisi per raggiungere l'arteria trombizzata.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PATCH ARTERIOSO. Il patch non \\'e8 altro che una pezza che serve per allargare il lume di un'arteria: tale pezza pu\\'f2 essere costituita dalla parete di una vena prelevata al paziente stesso, oppure da un particolare tessuto sintetico, non tossico e che risulti perfettamente tollerato dall'organismo.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i Patch venoso. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Nel caso di patch venoso si preleva per lo pi\\'f9 la vena grande safena, o safena interna, in prossimit\\'e0 del suo sbocco nella vena femorale, asportandone un tratto lungo quanto l'incisione praticata sull'arteria: indi il tratto venoso asportato viene aperto mediante un taglio longitudinale, e le due estremit\\'e0 vengono rese appuntite in modo che si possano adattare all'incisione arteriosa. La legatura e l'asportazione del tratto terminale della safena interna non provocano disturbi allo scarico venoso dell'arto.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i Patch di materiale sintetico. Il \\plain\\f2\\fs20\\cf1 materiale sintetico pi\\'f9 comunemente usato \\'e8 costituito da pezze di goretex o di dacron da cui viene tagliato un lembo di dimensioni adatte, con l'avvertenza che le estremit\\'e0 siano a punta. Questi materiali sintetici, oltre a dare garanzie di perfetta tollerabilit\\'e0 da parte dell'organismo umano, sono resistenti all'usura e hanno una ridotta trombogenicit\\'e0.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il patch, sia esso venoso o di materiale sintetico, viene suturato sui margini dell'incisione arteriosa: terminata la sutura, vengono tolti i clampi a valle e a monte.\r\n\\par Per qualche minuto una certa quantit\\'e0 di sangue fuoriesce a livello della sutura, ma il fenomeno \\'e8 di breve durata; si pu\\'f2 cos\\'ec procedere alla chiusura dei piani muscolo-aponeurotici e della cute.\r\n\\par \\pard\\tx0\\plain\\f2\\fs20\\cf1 A questo punto l'intervento pu\\'f2 dirsi concluso.\r\n\\par \\pard\\tx204\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 INNESTO ARTERIOSO. All'innesto arterioso si ricorre allorch\\'e9 il tratto trombizzato \\'e8 molto esteso in lunghezza oppure il trombo aderisce talmente alla parete dell'arteria da non poter essere asportato in alcun modo ed \\'e8 tale da rendere inutile ogni manovra di disostruzione, oppure quando lo stato delle pareti arteriose \\'e8 estremamente alterato.\r\n\\par \\pard\\tx200\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Come materiale di innesto, soprattutto per le occlusioni delle arterie distali dell'arto inferiore, si pu\\'f2 utilizzare la vena safena interna prelevata per un tratto lungo quanto la parte di arteria da sostituire, oppure speciali tubi di materiale plastico opportunamente studiato a tale scopo.\r\n\\par Nel caso si utilizzi la vena safena, \\'e8 chiaramente indispensabile posizionarla nel modo corretto, tenendo conto cio\\'e8 della posizione delle valvole che, al suo interno, permettono il flusso di sangue in un'unica direzione.\r\n\\par Una volta isolata l'arteria trombizzata, sempre sulla scorta dei dati forniti da una precedente arteriografia, e constatata l'impossibilit\\'e0 di procedere a una disostruzione, bisogna decidere per un trapianto.\r\n\\par Si colloca quindi un clampo a monte e uno a valle del tratto trombizzato, avvalendosi, per il riconoscimento della parte sana, sia delle sue pulsazioni arteriose sia della differenza di consistenza tra il tratto trombizzato e il tratto libero.\r\n\\par Di solito si comincia con l'anastomosi distale: l'arteria viene sezionata tra il clampo e la trombosi, e il moncone distale suturato al trapianto arterioso. Indi si passa all'anastomosi prossimale: anche qui si seziona l'arteria tra il clampo e la trombosi, e il moncone prossimale viene abboccato all'estremit\\'e0 superiore del trapianto. Se \\'e8 possibile, \\'e8 meglio asportare interamente l'arteria trombizzata.\r\n\\par Si tolgono quindi i clampi, si osserva che nel trapianto ci sia una buona pulsazione e, dopo ci\\'f2, si pu\\'f2 chiudere la ferita operatoria.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'operazione \\'e8 cos\\'ec terminata.\r\n\\par \\pard\\tx200\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'utilizzo di segmenti arteriosi, prelevati da cadavere o da donatori multiorgano, per sostituire tratti di aorta o di arteria femorale, trova indicazione soprattutto nei casi di infezione di un condotto di materiale sintetico che sia stato precedentemente impiantato nel paziente.\r\n\\par Le infezioni protesiche sono complicanze rare, ma purtroppo difficilmente curabili che possono portare all'amputazione dell'arto o addirittura, nei casi pi\\'f9 gravi, alla morte del paziente.\r\n\\par Il ricorso a trapianti di materiale omologo, cio\\'e8 di tessuto umano, consente spesso una risoluzione del processo infettivo.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PONTAGE ( O BY-PASS ) ARTERIOSO. Poich\\'e9 l'asportazione dell'arteria occlusa richiede un intervento indaginoso (soprattutto quando il tratto interessato \\'e8 esteso), la tecnica dell'innesto arterioso \\'e8 stata quasi abbandonata a favore del pontage o by-pass.\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il principio \\'e8 lo stesso, solo che la protesi (vena o materiale sintetico) non viene interposta sul tronco arterioso, ma applicata in parallelo a questo, abboccandone l'estremo prossimale e distale all'arteria in due tratti pervi, con anastomosi latero-laterali. Si crea in questo modo un \"ponte\" che scavalca l'ostruzione arteriosa, portando sangue a valle del tratto leso, che viene lasciato in situ. Si ottiene cos\\'ec anche il vantaggio di non ledere eventuali rami collaterali che hanno parzialmente rivascolarizzato la zona interessata dalle lesioni occlusive.\r\n\\par \\pard\\tx192\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per quanto riguarda il materiale di scelta per questo \"ponte\", le preferenze vanno al materiale sintetico (tubi di dacron) per gli interventi eseguiti a livello di arterie di calibro maggiore, per esempio per lesioni del tratto aorto-iliaco, con anastomosi distale a livello della femorale comune; mentre si sceglie la vena safena per by-pass nel tratto femoro-popliteo, con anastomosi distale subito sopra o subito sotto il ginocchio.\r\n\\par Alcune tecniche pi\\'f9 recenti prevedono l'utilizzo della vena safena \"in situ\", cio\\'e8 senza che questa venga isolata e asportata. In questo caso \\'e8 necessario eliminare tutte le valvole venose mediante uno speciale valvulotomo che si inserisce nella vena attraverso una piccola incisione. Fatto ci\\'f2, il sangue pu\\'f2 scorrere nella vena in senso centrifugo, cio\\'e8 verso la periferia come accade nelle arterie.\r\n\\par A questo punto \\'e8 allora possibile abboccare la vena safena al di sopra del tratto ostruito dell'arteria che si vuole bypassare; si provvede successivamente con un'altra piccola incisione a isolare l'arteria a valle dell'ostruzione e in questo punto si confeziona l'anastomosi distale con la safena, dopo averla isolata e mobilizzata quel tanto che basta per avvicinarla al vaso arterioso.\r\n\\par In questo modo la safena, senza essere prima preevata e poi reimpiantata parallelamente all'arteria ostruita, viene a svolgere le funzioni di condotto arterioso consentendo al flusso sanguigno di bypassare il tratto ostruito.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 BY-PASS EXTRA-ANATOMICO. In alcuni casi, soprattutto se si tratta di pazienti particolarmente a rischio, che non possono affrontare interventi lunghi e impegnativi, come pazienti anziani o portatori di cardiopatie, o pazienti gi\\'e0 operati in precedenza, il pontage o by-pass di dacron viene posizionato in sede extraanatomica: vale a dire in una sede diversa rispetto a quella originaria dell'arteria occlusa o di una precedente protesi che si \\'e8 trombizzata.\r\n\\par \\pard\\tx192\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per un'ostruzione dell'aorta terminale o di un'arteria iliaca \\'e8 possibile per esempio impiantare un lungo tubo di materiale sintetico (dacron) che, partendo dall'arteria ascellare e decorrendo nel tessuto sottocutaneo del torace e dell'addome, porta sangue all'arteria femorale omolaterale. (By-pass axillo-femorale.)\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il tempo necessario per confezionare un by-pass extra-anatomico \\'e8 sensibilmente minore e l'intervento non richiede l'apertura della cavit\\'e0 toracica o addominale, riducendo cos\\'ec i rischi operatori.\r\n\\par Indubbiamente, nonostante i continui progressi tecnologici che si sono raggiunti nella fabbricazione di protesi vascolari, l'efficacia e la perviet\\'e0 a distanza di tempo di questi condotti sintetici molto lunghi \\'e8 minore rispetto a quella dei by-pass in sede anatomica, per cui tali interventi vengono riservati a pazienti anziani o particolarmente defedati, con una ridotta aspettativa di vita.\r\n\\par In ogni caso essi consentono spesse volte di preservare la vitalit\\'e0 di un arto senza dover ricorrere a una amputazione, che \\'e8 un intervento indubbiamente pi\\'f9 gravoso e pi\\'f9 invalidante.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 AMPUTAZIONE. L'amputazione rappresenta la terapia chirurgica obbligata quando il grado di ischemia \\'e8 cos\\'ec grave da aver provocato lesioni necrotiche e gangrene estese di un arto o di parte di esso.\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 In tutti questi casi un intervento di quelli analizzati in precedenza, oltre che inutile, risulterebbe anche dannoso, perch\\'e9 \\'e8 ormai provato che la rivascolarizzazione di tessuti gi\\'e0 seriamente compromessi non fa che apportare un ulteriore danno; inoltre essa facilita l'immissione in circolo di sostanze tossiche, provenienti dal riassorbimento di materiale necrotico, le quali possono mettere in serio pericolo la vita stessa del paziente.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 A seconda dell'estensione della necrosi, possono essere effettuate amputazioni di dito, di piede gamba o di coscia. Molto importante in ogni caso \\'e8 che l'amputazione sia molto ampia, in modo che la ricostruzione e la sutura del moncone vengano eseguite su tessuto sicuramente vitale.\r\n\\par Il ricorso a questi interventi demolitivi, se si escludono quelli necessari in seguito a eventi traumatici, \\'e8 comunque oggi in diminuzione rispetto a qualche anno fa, grazie ai continui progressi della chirurgia vascolare e della terapia farmacologica e infine alla diffusione di una nuova mentalit\\'e0 di tipo preventivo che ha fortunatamente portato a una riduzione l'abuso di tabacco e di tutti gli altri fattori di rischio. \r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 LA RADIOLOGIA INTERVENTISTICA. Cos\\'ec come in campo cardiologico, anche in ambito vascolare. \\'e8 possibile talora allargare una stenosi arteriosa mediante utilizzo di particolari cateteri a palloncino.\r\n\\par \\pard\\tx197\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il catetere viene introdotto nell'arteria attraverso una semplice puntura per via percutanea e, sotto controllo radioscopico, viene spinto al suo interno fino a quando la punta si trova a cavallo della stenosi A questo punto il palloncino viene gonfiato ad alta pressione con soluzione fisiologica in modo da provocare una lacerazione della placca stenosante e di conseguenza, l'allargamento del calibro del vaso. L'angioplastica percutanea viene ormai eseguita in molti centri specializzati con buone percentuali di successo, soprattutto nelle ostruzioni delle arterie iliache, femorali, renali e carotidi.\r\n\\par In alcuni casi possono venire anche applicati degli stent, una sorta cio\\'e8 di speciali protesi endovascolari, di forma all'incirca elicoidale, che vengono introdotte con lo stesso catetere da angioplastica e, una volta in sede, contribuiscono a mantenere pervio il lume dell'arteria appena dilatato. L'applicazione degli stent rappresenta una tecnica innovativa il cui utilizzo clinico \\'e8 per il momento limitato ai centri con maggiore esperienza, ma i primi risultati la pongono fra le tecniche pi\\'f9 promettenti alternative all'intervento chirurgico.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "SIMPATICECTOMIA",
"Codice": "7117",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx2122\\plain\\f2\\fs20\\cf1 SIMPATICECTOMIA\r\n\\par \r\n\\par La simpaticectomia, cio\\'e8 l'interruzione delle fibre nervose simpatiche, pu\\'f2 essere eseguita a due livelli: a livello dei gangli (aggruppamenti di cellule nervose) simpatici lombari, e tale intervento si chiama simpaticectomia gangliare lombare, o gangliectomia lombare, oppure a livello delle terminazioni delle f\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i \\plain\\f2\\fs20\\cf1 bre nervose sulle pareti arteriose, e questa operazione si chiama simpaticectomia avventiziale o periarteriosa, appunto perch\\'e9 \\'e8 nell'avventizia che decorrono le suddette fibre.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Questi interventi, specialmente il primo, apportano indubbiamente dei miglioramenti, nel senso che sviluppano ulteriormente la circolazione collaterale, soprattutto quella superficiale, e consentono al sangue di arrivare per vie traverse nel territorio normalmente irrorato dall'arteria che \\'e8 ostruita. Per\\'f2 hanno l'inconveniente di lasciare inalterata la trombosi, la quale purtroppo, con l'avanzare del tempo, tende a invadere territori arteriosi sempre pi\\'f9 estesi e finisce per portare a gangrena l'arto.\r\n\\par Per non giungere a questi estremi, sono stati messi a punto vari metodi chirurgici di attacco diretto dell'arteria o delle arterie interessate.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "SOSTITUTIVA",
"Codice": "7878",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx3524\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CHIRURGIA SOSTITUTIVA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Allorch\\'e9 l'accurata ispezione delle valvole evidenzia che le alterazioni valvolari sono molto gravi (cio\\'e8 i lembi valvolari sono distrutti, immobili, retratti, estesamente calcificati), le tecniche conservative non possono pi\\'f9 essere applicate: infatti in questi casi, e sono i pi\\'f9 numerosi, i lembi valvolari non possono essere riparati cos\\'ec da assicurare una buona funzione. Allo stesso modo, quando la riparazione di una valvola risulta non adeguata al controllo intraoperatorio con ecocardiogramma transesofageo, al chirurgo non rimane altra possibilit\\'e0 che sostituire totalmente la valvola alterata. Ma quali valvole utilizzare per la sostituzione?\r\n\\par Nel campo della sostituzione valvolare, diverse sono le opportunit\\'e0 a disposizione del chirurgo, che deve valutare, caso per caso, quale tipo di protesi impiegare. Esistono infatti \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i protesi di tipo biologico, protesi meccaniche, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 e infine esiste la possibilit\\'e0 di innestare \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i valvole umane (i \\plain\\f2\\fs20\\cf1 cosiddetti \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i homograft), \\plain\\f2\\fs20\\cf1 prelevate da cadaveri, o dal \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i cuore espiantato \\plain\\f2\\fs20\\cf1 da soggetti che hanno ricevuto un trapianto cardiaco. Ognuna di queste possibilit\\'e0 ha indicazioni diverse, vantaggi e svantaggi da ponderare, che possono essere assoluti o relativi a ogni singolo paziente.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx2363\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Valvole biologiche\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Le valvole biologiche sono costituite appunto da materiale biologico. Esse sono valvole intere prelevate da maiali o da vitelli e trattate con processi biochimici particolari, oppure valvole costruite in laboratorio utilizzando pericardio degli stessi animali o umano. Il particolare trattamento cui sono sottoposte queste valvole serve per far loro perdere ogni potere antigenico, eliminando tutti gli elementi immunocompetenti responsabili del rigetto, permettendo per\\'f2 alla valvola stessa di conservare le sue qualit\\'e0 di elasticit\\'e0 e compattezza, che sono indispensabili per una sua corretta efficienza.\r\n\\par L'impiego di valvole biologiche comporta degli indubbi vantaggi. Esse hanno una forma molto simile a quella delle valvole normali e garantiscono uno scorrimento del sangue praticamente uguale a quello fisiologico. Ma l'aspetto pi\\'f9 positivo \\'e8 che non necessitano di una terapia anticoagulante cronica, con tutti i rischi che questa comporta. L'unico dato negativo riguarda la loro durata che, nonostante i recenti progressi, non supera in media i dieci-quindici anni. Queste valvole infatti vanno incontro con il tempo a usura e calcificazione, i loro lembi diventano incompetenti o stenotici e rendono necessario un nuovo intervento di sostituzione.\r\n\\par Per questi motivi vengono prevalentemente utilizzate in soggetti anziani, la cui aspettativa di vita \\'e8 verosimilmente inferiore rispetto alla durata della valvola, oppure in giovani donne in et\\'e0 fertile, che possono cos\\'ec affrontare senza rischi una eventuale gravidanza. in questi ultimi casi le pazienti verranno poi sottoposte a un nuovo intervento quando la valvola biologica sar\\'e0 irrimediabilmente danneggiata.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx1546\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Homograft\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Un tipo particolare di valvole biologiche \\'e8 rappresentato dagli \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i homograft, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 che sono valvole umane, generalmente aortiche o polmonari, prelevate sterilmente da cadaveri o dal cuore di pazienti che hanno ricevuto un trapianto cardiaco, quando la malattia che ha portato al trapianto abbia risparmiato tali strutture. Fino a poco tempo fa tali innesti potevano essere utilizzati solo se freschi, cio\\'e8 prelevati da meno di 24 ore. Pi\\'f9 recentemente si sono sviluppate nuove tecniche di crioconservazione, che hanno consentito di creare vere e proprie banche di homograft estendendo notevolmente il ricorso a questo tipo di protesi.\r\n\\par \\pard\\tx212\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Esse vengono impiegate, oltre che in posizione aortica nelle valvulopatie acquisite, anche nella ricostruzione della via di efflusso polmonare in molte cardiopatie congenite complesse. A questo fine risulta molto utile prelevare le valvole insieme a un tratto di arteria (aorta o polmonare), che pu\\'f2 servire con tessuto da utilizzare per la ricostruzione.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Gli homograft offrono gli stessi vantaggi delle valvole biologiche, ma il loro impiego \\'e8 pi\\'f9 versatile e il loro costo \\'e8 sensibilmente minore. Rispetto alle valvole biologiche per\\'f2 sono tecnicamente pi\\'f9 difficili da impiantare, perch\\'e9 non hanno un apparato di sostegno esterno, e richiedono quindi una maggior esperienza da parte del chirurgo.\r\n\\par La loro durata \\'e8 in media di dieci anni, ma l'applicazione clinica e le metodiche di conservazione sono ancora oggetto di ferventi ricerche, che sembrano molto promettenti per un futuro non lontano.\r\n\\par Un particolare tipo di intervento con homograft per l'insufficienza aortica \\'e8 il cosiddetto \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i autograft polmonare; \\plain\\f2\\fs20\\cf1 esso consiste nell'utilizzo della valvola polmonare nativa dello stesso paziente, che viene trasferita in posizione aortica, mentre al suo posto si impianta un homograft aortico. La valvola polmonare trasferita in posizione aortica sembra offrire maggiori garanzie di durata rispetto a un homograft tradizionale, il quale, messo invece in posizione polmonare, \\'e8 sottoposto a un minore carico pressorio e, a\r\n\\par sua volta, dura pi\\'f9 a lungo.\r\n\\par \\pard\\tx2515\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx2467\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Protesi meccaniche\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx212\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Fin dall'inizio della chirurgia a cuore aperto, un buon numero di chirurghi e di bioingegneri si \\'e8 dedicato allo studio e alla realizzazione di \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i valvole cardiache artificiali, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 chiamate in seguito con il nome del loro inventore.\r\n\\par La prima valvola ad avere maggiore successo \\'e8 stata quella concepita dal chirurgo americano Starr, in collaborazione con un ingegnere di nome Edwards:la \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i valvola di Starr-Edwards. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Nella sua realizzazione, la valvola di Starr \\'e8 semplice e insieme ingegnosa; essa \\'e8 formata da un cestello metallico a tre o quattro sbarre contenente nel suo interno una biglia di silicone e ha la base circondata da un anello di teflon attraverso cui vengono fatti passare i fili per la fissazione della valvola sull'orifizio cardiaco.\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Della valvola di Starr-Edwards esistono due tipi: la valvola aortica e la valvola mitralica (pu\\'f2 essere adottata anche per la sostituzione della valvola tricuspide). La differenza tra questi due tipi consiste essenzialmente nell'aspetto del cestello, essendo questo costituito da tre sbarre metalliche nella valvola aortica e da quattro in quella mitralica.\r\n\\par Allo scopo di ridurre la durata del tempo intracardiaco, \\'e8 stato sucessivamente ideato un altro modello di valvola, detta di Magovern, dal nome dell'ideatore. Si trattava di una derivazione della valvola di Starr, dalla quale differiva per avere, al posto dell'anello di teflon (ove venivano fatti passare i fili di ancoraggio), una circonferenza di uncini metallici che consentiva la fissazione immediata della valvola all'anello valvolare, grazie a una idonea manovra di rotazione sull'asse della valvola. Ci\\'f2 portava a una notevole riduzione dei tempi operatori; per\\'f2 il metodo di fissazione della \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i valvola di Magovern \\plain\\f2\\fs20\\cf1 non offriva tutte le garanzie di sicurezza di quello della valvola di Starr, e il suo utilizzo \\'e8 stato presto abbandonato.\r\n\\par Un'altra variante della valvola di Starr \\'e8 stata la \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i valvola di Smeloff-Gutter, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 realizzata con lo scopo preciso di occupare meno spazio nel ventricolo sinistro, per la posizione mitralica, e di ottenere un rendimento emodinamico migliore, soprattutto nelle posizioni aortiche. In essa esisteva una gabbietta da una parte e dall'altra dell'anello, e la pallina passava parzialmente attraverso l'anello stesso avendo un diametro lievemente pi\\'f9 piccolo. Ci\\'f2 per determinare, a parit\\'e0 di dimensioni con la valvola di Starr, un ostacolo inferiore al flusso sanguigno.\r\n\\par \\pard\\tx212\\plain\\f2\\fs20\\cf1 In seguito sono stati costruiti altri tipi di valvole artificiali, in cui l'occlusione viene ottenuta non pi\\'f9 da una pallina oscillante, ma da un disco ancorato all'anello con tecniche diverse.\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Di questo tipo di valvole, a disco oscillante, la prima ad avere maggiore diffusione \\'e8 stata la \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i valvola di Bjork-Shiley. Si \\plain\\f2\\fs20\\cf1 tratta di un disco in resina completamente libero, le cui escursioni massime sono limitate da due archetti metallici fissati all'anello. Intorno a questo anello c'\\'e8 un rivestimento di tessuto che, come gi\\'e0 per la valvola di Starr e quella di Smeloff-Cutter, serve per ancorare i punti di sutura.\r\n\\par Le valvole meccaniche pi\\'f9 recenti e attualmente pi\\'f9 utilizzate sono dotate di due emidischi (bileaflet),\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i \\plain\\f2\\fs20\\cf1 anzich\\'e9 di un disco solo. Questa nuova struttura consente di ottenere, a parit\\'e0 di diametro esterno, un maggiore flusso sanguigno attraverso la protesi con una sensibile riduzione delle turbolenze che si vengono a creare. Inoltre l'ultilizzo di nuovi materiali, come la fibra di carbonio, ha permesso di realizzare protesi molto pi\\'f9 leggere e affidabili, con maggiori garanzie di durata meccanica. Un altro vantaggio di questi materiali \\'e8 dato dal fatto che essi provocano una minore aggregabilit\\'e0 del sangue rispetto alle primitive valvole meccaniche, riducendo cos\\'ec le ternibili complicanze trombotiche.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Pregi e difetti delle protesi meccaniche\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'impiego delle valvole artificiali meccaniche \\'e8 ormai largamente diffuso in cardiochirurgia e ha fornito risultati eccellenti che migliorano sempre pi\\'f9, di pari passo con lo sviluppo e l'impiego di protesi tecnologicamente sempre pi\\'f9 raffinate. Dal punto di vista della circolazione sanguigna l'efficacia della valvola meccanica \\'e8 assolutamente perfetta; questa sua efficacia \\'e8 dimostrata dal fatto che spesso, dopo l'intervento, il cuore riduce notevolmente il proprio volume, migliora la propria contrattilit\\'e0 e lo stato di scompenso cardiaco scompare o si attenua sensibilmente.\r\n\\par Esistono tuttavia alcuni inconvenienti e alcune possibili complicanze legate all'impiego delle protesi meccaniche: in primo luogo esse obbligano il soggetto che ne \\'e8 portatore a un continuo quotidiano trattamento anticoagulante allo scopo di ridurre al minimo la possibilit\\'e0 di depositi fibrinosi o di coaguli sulle strutture della valvola artificiale. L'entit\\'e0 e il grado della scoagulazione necessaria si \\'e8 comunque ridotto in seguito all'utilizzo di nuovi materiali speciali. Alcuni chirurghi addirittura ritengono la scoagulazione non necessaria quando vengono impiantate valvole bileaflet\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i \\plain\\f2\\fs20\\cf1 in posizione aortica.\r\n\\par Oltre a questo per\\'f2 esiste tutta una serie di incidenti che possono complicare il funzionamento di una protesi meccanica artificiale.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La protesi per esempio pu\\'f2 staccarsi dall'anello valvolare a cui \\'e8 stata fissata: si tratta tuttavia di un'evenienza molto rara e il distacco \\'e8 sempre parziale. Alcuni dei numerosi punti di fissazione all'improvviso vengono meno alla loro funzione per cui la valvola per un tratto della sua circonferenza rimane disinserita dall'anello aortico, da quello mitralico o da quello tricuspidale. Ne consegue un quadro clinico d'insufficienza valvolare con immagini radiologiche, ecocardiografiche e angiocardiografiche del tutto caratteristiche. Va detto per\\'f2 che tali disinserzioni avvengono molto raramente e possono essere attribuite o a difetti di tecnica chirurgica o a violente contrazioni dei ventricoli oppure, causa pi\\'f9 frequente, a infezione nella sede di impianto della valvola.\r\n\\par L'infezione rappresenta una delle complicazioni meno rare conseguenti alla presenza della valvola artificiale: il malato accusa febbre in continuazione e malessere, anche se le condizioni cardiocircolatorie non sono gravemente compromesse. Un prolungato e idoneo trattamento antibiotico pu\\'f2 normalizzare la situazione.\r\n\\par Un'altra complicazione che una protesi meccanica pu\\'f2 provocare \\'e8 l'anemia; essa sembra dovuta all'azione traumatica esercitata sui globuli dall'apparato valvolare: i globuli rossi, sottoposti a continui traumi, finiscono con l'indebolirsi e con il rompersi pi\\'f9 presto che di norma.\r\n\\par La valvola artificiale pu\\'f2 diventare sede di depositi fibrinosi o addirittura di coaguli di sangue: tale\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\b \\plain\\f2\\fs20\\cf1 eventualit\\'e0, oltre a provocare un malfunzionamento protesico, pu\\'f2 determinare il distacco di frammenti di tali coaguli i quali, convogliati dalla corrente sanguigna, possono andare verso le arterie periferiche provocando embolie talora gravissime, specialmente se l'embolo si localizza nel cervello. E' appunto per evitare questo inconveniente che i malati vengono sottoposti a trattamento anticoagulante in modo da diminuire la coagulabilit\\'e0 del sangue e, di conseguenza, la possibilit\\'e0 che eventuali coaguli si depositino sulle strutture della valvola. Il trattamento anticoagulante viene iniziato il pi\\'f9 precocemente possibile (tra la terza e la quinta giornata postoperatoria) ed \\'e8 ripetuto poi quotidianamente.\r\n\\par \\pard\\tx207\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Questo trattamento espone per\\'f2 il malato, che a esso \\'e8 sottoposto, al rischio che una emorragia, bench\\'e9 minima, assuma carattere di gravit\\'e0. Per esempio, si sono verificati casi di giovani donne, portatrici di valvole meccaniche, operate d'urgenza per emoperitoneo (sangue nel peritoneo) conseguente a un'ovulazione.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "COMMIS. MITRALICA",
"Codice": "7519",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx3176\\plain\\f2\\fs20\\cf1 COMMISUROTOMIA MITRALICA STRUMENTALE\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx199\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La chirurgia della stenosi mitralica consisteva, fino a poco tempo fa, nella commissurotomia a cielo coperto, cio\\'e8 nell'apertura delle commissure valvolari saldatesi tra loro a causa del processo patologico. Tale intervento, che veniva eseguito senza aprire le cavit\\'e0 cardiache, cio\\'e8 senza bisogno della circolazione extracorporea, \\'e8 oggi limitato a casi particolari, quali per esempio quelli delle donne gravide, se la correzione della stenosi non pu\\'f2 essere rinviata al termine della gravidanza.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Tale intervento non pu\\'f2 essere praticato su quei pazienti che unitamente alla stenosi presentano segni di insufficienza mitralica, perch\\'e9 in tal caso la commissurotomia non farebbe che aggravare lo stato di incontinenza valvolare. Altra controindicazione \\'e8 la presenza di calcificazioni sui lembi (o cuspidi) valvolari: tale reperto \\'e8 un segno inequivocabile che i lembi valvolari hanno irrimediabilmente perso la loro elasticit\\'e0 e funzionalit\\'e0, per cui la commissurotomia non avrebbe alcuna efficacia, anzi sarebbe estremamente pericolosa, perch\\'e9 lo strumento usato nell'intervento potrebbe frammentare i lembi calcificati e inviare emboli calcarei in circolo. Per la stessa ragione, anche per i soggetti in cui i dati clinici fanno supporre la presenza di coaguli sulla parete dell'atrio sinistro, la commissurotomia \\'e8 formalmente controindicata. In tutti questi casi, la chirurgia mitralica prevede la sostituzione dei lembi valvolari alterati con valvole artificiali.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La commissurotomia a cielo coperto si esegue per via toracotomica: il paziente viene sistemato sul lettino operatorio in posizione supina, con l'emitorace sinistro lievemente pi\\'f9 sollevato del destro. Dopo l'anestesia generale con intubazione endotracheale e la sistemazione dei vari telini sterili, allo scopo di delimitare il campo operatorio, viene eseguita la toracotomia (incisione della parete toracica) antero-laterale sinistra, incidendo lungo il decorso della IV costa sinistra, che sar\\'e0 poi asportata per avere una buona esposizione dell'arca operatoria; indi si incider\\'e0 il foglietto parietale della pleura, sempre seguendo il tetto della IV costa. Ci\\'f2 fatto, si allontanano fra loro la III e la V costa mediante un apposito divaricatore; appare allora il polmone sinistro che sar\\'e0 spostato con l'impiego di una spatola malleabile in modo da lasciar bene allo scoperto il pericardio, sotto il quale si vede il cuore. A questo punto viene aperto il pericardio per un largo tratto, facendo attenzione a lasciare indenne il nervo frenico che, da ambedue i lati, scorre su di esso per andare a innervare il diaframma. Compare allora l'auricola sinistra la cui punta viene afferrata e tenuta sollevata dalle dita del chirurgo.\r\n\\par Alla base dell'auricola viene eseguita una sutura circolare \"a borsa di tabacco\"; gli estremi del filo vengono infilati e annodati in un apposito strumento (tourniquet) che, con manovre opportune, ha la funzione di stringere o rilasciare la borsa di tabacco stessa. Poi si pone una pinza per emostasi alla base dell'auricola, appena sotto la borsa di tabacco; indi nello spazio delimitato dalla borsa di tabacco si esegue una breccia sull'auricola, di lunghezza tale da consentire il passaggio del dito indice di chi sta eseguendo l'intervento.\r\n\\par In un primo tempo il chirurgo introduce il dito per constatare l'entit\\'e0 delle lesioni e l'esistenza di eventuali controindicazioni all'intervento (insufficienza associata, calcificazioni ecc.). Eseguita l'esplorazione, ritrae il dito e attraverso la stessa breccia introduce lo strumento che serve appunto a scindere le aderenze a livello commissurale (commissurotomia). Questo strumento agisce mediante due branche che si aprono allontanandosi reciprocamente da un asse centrale e, forzando cos\\'ec i lembi mitralici, induce la dilatazione dell'ostio valvolare.\r\n\\par Previo controllo digitale del risultato ottenuto, si annodano i fili della borsa di tabacco e si esegue un doppio sopraggitto di rinforzo al di sopra di essa, indi si toglie la pinza auricolare emostatica.\r\n\\par Terminata la fase principale dell'intervento, si pratica una piccola controincisione declive per il drenaggio pericardico, quindi si sutura la primitiva pericardiotomia. Dopo aver messo un tubo di drenaggio nella cavit\\'e0 pleurica di sinistra, si chiudono i vari strati del torace. il decorso postoperatorio \\'e8 solitamente senza complicazioni.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "CORREZIONE COARTAZIONE",
"Codice": "7277",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx8187\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CORREZIONE DELLA COARTAZIONE\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'intervento consiste nella resezione della stenosi e nell'anastomosi (o abboccamento) dei due monconi aortici, previa occlusione dell'aorta a monte e a valle; la circolazione collaterale sar\\'e0 sufficiente all'apporto sanguigno alla met\\'e0 inferiore del corpo durante l'occlusione aortica. Quando non \\'e8 possibile l'abboccamento diretto, si ricorre a innesti costituiti da speciali materie plastiche (teflon o dacron), assai resistenti all'alta pressione esistente nell'interno dell'aorta stessa. Nei neonati con gravi disturbi, la correzione della coartazione comporta un rischio molto pi\\'f9 alto, anche perch\\'e9 spesso si associano altre malformazioni cardiache congenite, di cui le pi\\'f9 frequenti sono l'ipoplasia dell'arco aortico e il difetto interventricolare. La tecnica classica di resezione-anastomosi pu\\'f2 dare risultati immediati non brillanti e soprattutto esporre il piccolo paziente al rischio di una recidiva della lesione durante la crescita, in quanto la zona di anastomosi, a causa della cicatrice, si dilata meno delle restanti porzioni dell'aorta. Una tecnica alternativa, che mira a evitare una cicatrice circolare e a inserire del tessuto vitale capace di crescere con il bambino, \\'e8 quella detta del flap di succlavia. L'arteria viene sezionata a livello delle sue ramificazioni, aperta longitudinalmente con un taglio che si prolunga sull'aorta fino a sotto il punto ristretto. Una sutura laterale permette praticamente di raddoppiare il calibro dell'aorta, eliminando l'ostruzione. Quando il neonato \\'e8 gravissimo, un tentativo di angioplastica endoluminale durante il cateterismo diagnostico pu\\'f2 migliorare temporaneamente la situazione, anche se la dilatazione del tratto ristretto ha maggiori probabilit\\'e0 di successo soprattutto in presenza di una ricoartazione.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "CORTECCIA MOTORIA",
"Codice": "7141",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CORTECCIA MOTORIA\r\n\\par \r\n\\par L'area motoria o area di Brodmann (o M-I o MS-I) occupa, nell'uomo, il giro precentrale: essa si distingue per la bassa soglia alla stimolazione elettrica e per la selettivit\\'e0 dei muscoli che ne vengono attivati. Caratteristica di questa area \\'e8 l'organizzazione somatotopica (ogni punto, cio\\'e8, corrisponde a una data regione del corpo). L'area 6, davanti all'area 4, \\'e8 contraddistinta da una soglia un poco pi\\'f9 elevata; inoltre i movimenti evocati coinvolgono un numero maggiore di muscoli e sono meno pronti. Essa viene anche detta area premotoria. Vi \\'e8, inoltre, un'area motoria supplementare disposta sulla faccia mediale dell'emisfero, nel giro cingolato posteriore, la cui stimolazione d\\'e0 origine a movimenti simmetrici nei due lati del corpo. Di fronte all'area 6, nel campo dell'area 8, vi \\'e8, infine, un'area la cui stimolazione provoca movimenti avversativi coniugati dei globi oculari. Le vie afferenti pi\\'f9 importanti alla corteccia motoria provengono dal nucleo ventrolaterale del talamo sul quale sono dirette, in massima parte, le proiezioni cerebellari e dalla corteccia sensitiva attraverso connessioni cortico-corticali. La corteccia motoria \\'e8, quindi, aggiornata costantemente sui segnali provenienti dai recettori tattili e soprattutto dai propriocettori: ogni punto della corteccia la cui stimolazione provoca la contrazione di un determinato muscolo, riceve informazioni dai recettori intrinseci di quel muscolo e dagli esterocettori della cute che lo ricopre. Anche la corteccia motoria ha un'architettura funzionale di tipo colonnare: i neuroni posti uno sopra l'altro ricevono segnali e mandano informazioni allo stesso muscolo o agli stessi muscoli e le vie afferenti e quelle efferenti hanno decorso verticale, perpendicolare alla superficie. Lo studio dei riflessi corticali di stiramento, a lunga latenza, la cui attivazione riposa nello schema di connessioni appena descritto, ne \\'e8 una conferma indiretta. La via efferente principale della corteccia motoria \\'e8 il fascio piramidale o cortico-spinale (dalle piramidi midollari, ove i fasci cortico-spinali si incrociano); in realt\\'e0 la corteccia motoria \\'e8 solo una delle aree che contribuiscono alla costituzione del fascio piramidale, insieme all'area premotoria e a quella supplementare e anche alla corteccia parietale. La parte delle fibre piramidali a partenza dalla corteccia sensitiva non ha funzioni motorie: esse terminano a livello delle colonne dorsali del midollo spinale e controllano, attraverso circuiti di inibizione presinaptica, le afferenze sensitive. La maggior parte delle fibre forma connessioni sinaptiche con i motoneuroni (fibre corticomotoneuronali): queste sono soprattutto dirette nei primati e, verosimilmente, nell'uomo, mentre sono indirette negli altri organismi. Solo il 2-3% delle fibre sono di grande diametro (10-20 um), provenienti dalle cellule piramidali giganti di Betz; le altre hanno diametro variabile fra 2 e 5 um; il 20-30% delle fibre sono amieliniche. Le fibre corticomotoneuronali possono formare sinapsi eccitatorie e inibitorie: generalmente esse sono connesse con i motoneuroni di muscoli diversi ma aventi una funzione coordinata nell'ambito di una sequenza di programma. I motoneuroni dei nervi cranici ricevono proiezioni corticali motorie attraverso i fasci cortico-bulbari. I fasci piramidali non sono l'unica efferenza della corteccia motoria: essa invia contingenti di fibre anche al nucleo ventrolaterale del talamo, ai nuclei pontini e di l\\'ec al cervelletto, allo striato e in modo particolare al nucleo caudato e, infine, alla formazione reticolare. Queste vie costituiscono il sistema cortico-extrapiramidale, che assume grande importanza nella programmazione della maggior parte dell'attivit\\'e0 motoria. Le funzioni dell'area motoria sono tuttora oggetto di discussione: secondo un'ipotesi tutti i movimenti volontari verrebbero controllati dalla corteccia motoria e dal fascio piramidale; alternativamente \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i la corteccia motoria svolgerebbe solo \\plain\\f2\\fs20\\cf1 funzioni di \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i esecutore e \\plain\\f2\\fs20\\cf1 analizzatore di movimento, integrando con la corteccia sensitiva gli eccitamenti che riceve per l'esecuzione motoria. Un altro interrogativo riguarda la posizione gerarchica da attribuire alla corteccia motoria nella catena del comando motorio: essa non esplica funzioni decisionali, ma solo di esecuzione di comandi motori, non solo di tipo volontario ma anche a carattere involontario.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "DOLORE",
"Codice": "73",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\froman\\fprq2\\fcharset2 Symbol;}{\\f3\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx8698\\plain\\f3\\fs20\\cf1 DOLORE: NEUROCHIMICA E FARMACI\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f3\\fs20\\cf1 Uno stimolo intenso e potenzialmente dannoso evoca una reazione di allontanamento, induce modificazioni tessutali locali e alterazioni vegetative generalizzate e, infine, comporta la percezione del dolore. Queste risposte possono essere ampiamente modificate dalle condizioni psicofisiologiche del soggetto. In altre parole un paziente triste e depresso avvertir\\'e0 il dolore con maggiore facilit\\'e0 rispetto a un paziente di ottimo umore. Questo significa che gli impulsi afferenti dolorosi o nocicettivi vengono modificati, filtrati e rimaneggiati a diversi livelli da parte del sistema nervoso. In primo luogo nella sede periferica ove si genera l'impulso afferente dolorifico vengono liberate diverse sostanze, quali istamina, serotonina, prostaglandine, kinine, sostanza P, CGRP \\plain\\f3\\fs20\\cf1\\i (Calcitonine Gene-Related Peptide), \\plain\\f3\\fs20\\cf1 che sono in grado di stimolare le terminazioni nervose libere e quindi contribuire alla caratteristica ipersensibilit\\'e0 dolorosa delle zone colpite. A livello delle corna dorsali del midollo spinale sono presenti in elevata concentrazione neuropeptidi quali la sostanza P, la calcitonina, CGRP, colecistochinina, somatostatina, VIP e amminoacidi eccitatori. In particolare \\'e8 la sostanza P, che viene rilasciata dopo stimolazione dei tronchi nervosi periferici ed \\'e8 capace di eccitare i neuroni deputati al trasporto di impulsi dolorifici delle corna dorsali, che sembra rivestire il ruolo pi\\'f9 importante; infatti, la distruzione chimica della sostanza P provoca analgesia nell'animale da esperimento. \\plain\\f3\\fs20\\cf1\\i Il VIP (Vasoactive Intestinal Peptide), \\plain\\f3\\fs20\\cf1 da parte sua, sembra coinvolto con le terminazioni delle fibre afferenti viscerali. La risposta nocicettiva a livello delle corna dorsali pu\\'f2 essere modulata da importanti meccanismi inibitori che vedono coinvolte sostanze oppiacee, quali l'enkefalina e la dinorfina, e recettori posti sia a livello presinaptico, sulle terminazioni afferenti, sia a livello postsinaptico, sui neuroni delle corna dorsali. La via afferente sale nei cordoni anterolaterali del midollo spinale ed \\'e8 destinata per buona parte a terminare a livello del talamo, mantenendo una precisa distribuzione topografica e quindi le capacit\\'e0 di localizzazione e di discriminazione; un secondo contingente di fibre sale a livello spinale anterolaterale e termina entro la formazione reticolare del tronco dell'encefalo; queste fibre determinano la risposta di orientamento, le reazioni vegetative e il livello di vigilanza. E' noto che la stimolazione del mesencefalo \\'e8 capace di indurre inibizione della sensazione dolorifica \\plain\\f3\\fs20\\cf1\\i (analgesia) \\plain\\f3\\fs20\\cf1 nell'animale da esperimento; questo effetto \\'e8 legato alla stimolazione della sostanza grigia periacqueduttale e dei nuclei del \\plain\\f3\\fs20\\cf1\\i raphe magnus \\plain\\f3\\fs20\\cf1 che, insieme alla regione delle corna dorsali del midollo spinale, contengono alte concentrazioni di peptidi oppioidi endogeni e di recettori per gli oppiacei. Fra i neurotrasmettitori convenzionali giocano un ruolo importante le catecolamine e in particolare la serotonina; infatti l'iniezione di serotonina negli spazi subaracnoidei spinali provoca innalzamento della soglia al dolore, e questo effetto viene potenziato dall'aggiunta di sostanze capaci di rallentare la degradazione della serotonina (inibitori delle MAO). Una seconda via catecolaminergica a effetto analgesico \\'e8 quella che dal locus \\plain\\f3\\fs20\\cf1\\i caeruleus \\plain\\f3\\fs20\\cf1 scende verso le corna dorsali del midollo spinale; in questo sistema il neurotrasmettitore \\'e8 la noradrenalina. Un secondo meccanismo di intervento di tipo modulatorio si attua a livello del talamo, attraverso il contributo di vie ascendenti a partenza dalla formazione reticolare (vie spinoreticolotalamiche); anche nel talamo, e soprattutto nei nuclei mediali, sono presenti del resto in concentrazione elevata l'enkefalina e numerosi recettori oppiacei. Il sistema oppiaceo della modulazione del dolore non \\'e8 attivo in condizioni normali, ma pu\\'f2 attivarsi in diverse condizioni fisiologiche o farmacologiche che conducono ad analgesia. Queste sostanze esercitano il loro effetto perch\\'e9 interagiscono con molecole specifiche dette recettori (\\plain\\f2\\fs20\\cf1 m\\plain\\f3\\fs20\\cf1 , x, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 e\\plain\\f3\\fs20\\cf1 ), ciascuno dotato di diversa selettivit\\'e0 e distribuzione e capace di mediare differenti azioni degli oppiacei endogeni. Sotto il profilo farmacologico i farmaci antinfiammatori non steroidei agiscono a livello periferico; infatti inibiscono la ciclo-ossigenasi e bloccano la cascata delle prostaglandine liberate in sede di danno tessutale. Gli analgesici oppiacei agiscono a livello centrale, spinale e sopraspinale; il loro impiego \\'e8 limitato dagli effetti collaterali e dal fatto che inducono dipendenza fisica e psichica. I farmaci antidepressivi triciclici agiscono a livello centrale potenziando le vie catecolaminergiche. Le sostanze ad azione antiepilettica capaci di stabilizzare le membrane, come la carbamazepina e la dintoina, diminuiscono l'eccitabilit\\'e0 dei tronchi nervosi periferici e in particolare ne inibiscono le scariche spontanee. Nel dolore nevralgico \\'e8 stato recentemente suggerito l'impiego della mexilitina, una sostanza ad azione simile alla lidocaina, che viene assunta per bocca. D'interesse recente \\'e8 anche la capsaicina, estratta dal pepe, in grado di distruggere le terminazioni nervose di piccole dimensioni se iniettata entro il nervo e capace di antagonizzare la sostanza P a livello delle corna dorsali del midollo spinale se iniettata per via sistemica.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "INFL SISTEMA NERVOSO",
"Codice": "770",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx8543\\plain\\f2\\fs20\\cf1 INFLUENZA DEL SISTEMA NERVOSO\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 intermediario in tutto questo complesso gioco di variazioni pressorie \\'e8 il sistema nervoso. Vi sono infatti nel midollo spinale e nel bulbo (quella parte del sistema nervoso centrale che sta tra il midollo e il cervello) centri adibiti al mantenimento della pressione arteriosa normale (attraverso un continuo stato di costrizione, detto tono, a cui sono sottoposte le arteriole) e al controllo delle variazioni pressorie che si rendono necessarie per affrontare situazioni di emergenza. Questi centri, detti secondo la loro azione vasocostrittori o vasodilatatori, raccolgono informazioni sulla situazione circolatoria e sulle sue necessit\\'e0, in parte direttamente dalla concentrazione di ossigeno e di anidride carbonica del sangue che li bagna (un eccesso di anidride carbonica o una diminuzione di ossigeno significher\\'e0 che il circolo \\'e8 in difficolt\\'e0), in parte da stimoli che arrivano da determinate zone dell'organismo particolarmente sensibili alle variazioni di pressione o di concentrazione dei gas sopraddetti nel sangue circolante. Ricevuta l'informazione, i centri comunicano poi alle arterie, mediante i nervi, gli ordini necessari in senso vasocostrittore o vasodilatatore per riequilibrare la situazione. Anche l'adrenalina, una sostanza secreta da ghiandole poste al di sopra dei reni e perci\\'f2 dette surrenali, ha una certa importanza nel regolare la circolazione. Essa esplica un'azione complessa e multidirezionale, che comunque si concretizza in un'ipertensione tesa a migliorare la circolazione nei tessuti. A carico della pressione arteriosa, come in ogni altro processo vitale, avvengono quindi in ogni momento, adattamenti a volte minimi e a volte imponenti che ci rendono pronti alle reazioni, resistenti alle fatiche e recettivi agli stimoli cui la vita di ogni giorno ci sottopone.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "PACEMAKER",
"Codice": "7848",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx3798\\plain\\f2\\fs20\\cf1 IL PACEMAKER E LA STIMOLAZIONE ELETTRICA DEL CUORE\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx197\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il pacemaker \\'e8 un apparecchio che stimola elettricamente il cuore a contrarsi quando un processo patologico a carico del tessuto di conduzione ne danneggia il fisiologico \"controllo elettrico\" della pulsatilit\\'e0 cardiaca. Esistono diversi tipi di pacemaker, ma le loro componenti essenziali sono costituite da una fonte di energia elettrica, normalmente una batteria, da un sofisticato sistema elettronico in grado di regolare le modalit\\'e0 di stimolazione e infine da un cavo dotato di elettrodi per il collegamento al miocardio.\r\n\\par I pacemaker possono essere esterni, per stimolazioni temporanee, o interni, cio\\'e8 totalmente impiantabili, per una stimolazione permanente. La fonte di energia di quelli esterni \\'e8 costituita da comuni batterie alcaline, ma pi\\'f9 spesso sono dotati di accumulatori ricaricabili al litio. Anche i pacemaker impiantabili sono\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 dotati di batterie al litio miniaturizzate che, grazie a continui progressi tecnologici, sono ora in grado di durare addirittura 8-10 anni. L'impiego di batte nucleari al plutonio, che sembrava molto promettente negli anni Settanta, \\'e8 stato abbandonato perch\\'e8 non ha fornito i risultati sperati.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Molto importante \\'e8 il sistema elettronico di relazione dello stimolo che, nel caso di un pacemaker impiantato, pu\\'f2 essere modificato dall'esterno per mezzo di un campo magnetico, a seconda delle esigenze cliniche.\r\n\\par \\pard\\tx197\\plain\\f2\\fs20\\cf1 I primi pacemaker fornivano semplicemente degli stimoli al cuore a una frequenza fissa, superiore a quella spontanea, prendendo cos\\'ec il comando del ritmo cardiaco. Poi sono entrati nella pratica clinica pacemaker a funzionamento intermittente, o a domanda. I demand pacemaker sono in grado di sentire, grazie ad appositi circuiti, l'attivit\\'e0 spontanea di contrazione cardiaca. Essi quindi entrano in funzione solo durante le prolungate pause ventricolari nei soggetti con blocco intermittente, mentre quando il ritmo \\'e8 sinusale il pacemaker non emette alcuno stimolo elettrico. Questo \\'e8 reso possibile da un apposito circuito di bloccaggio inserito nel sistema di controllo: allorch\\'e9 il cuore si contrae regolarmente, cio\\'e8 al di fuori delle crisi, il circuito di bloccaggio viene attivato e quindi gli impulsi del generatore elettrico sono bloccati e perci\\'f2 non emessi dal pacemaker. Quando invece subentra una crisi, il circuito di bloccaggio \\'e8 inattivato e perci\\'f2 consente al generatore di inviare gli impulsi ai ventricoli. In pratica, se per esempio si regola il demand pacemaker su 70 impulsi/minuto, esso non funziona se il cuore batte spontaneamente al di sopra di 70 battiti/minuto; entra in funzione invece se il ritmo spontaneo del cuore scende al di sotto del valore di 70 battiti/minuto. Si comprende l'interesse di questo tipo di pacemaker: esso da una parte impedisce l'insorgenza delle crisi nei soggetti con blocco atrio-ventricolare intermittente e dall'altro, non funzionando quando il ritmo del cuore supera una certa frequenza, impedisce l'interferire di due tipi di stimoli, quello spontaneo e quello artificiale. Evidentemente il demand pu\\'f2 essere applicato anche nei blocchi atrio-ventricolari fissi: in tal caso il circuito di bloccaggio \\'e8 permanentemente inattivato e il pacemaker stimola in continuazione. Il principale vantaggio di ricorrere al demand pacemaker nei blocchi intermittenti \\'e8 di evitare la \"parasistolia\" o \"ritmo competitivo\". Cio\\'e8, mentre con un pacemaker fisso si viene a creare una competitivit\\'e0 tra le contrazioni indotte artificialmente e quelle spontanee, qualora il cuore alterni fasi di blocco con altre di ritmo sinusale (il che \\'e8 di regola nei blocchi intermittenti), questa possibilit\\'e0 \\'e8 allontanata ricorrendo ai demand pacemaker. Il ritmo competitivo il pi\\'f9 delle volte \\'e8 tollerato dal paziente, talora per\\'f2 pu\\'f2 dare luogo a gravi complicazioni culminanti nella fibrillazione ventricolare.\r\n\\par \\pard\\tx196\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Ancora pi\\'f9 recentemente, grazie ai continui progressi dell'elettronica, \\'e8 stato possibile costruire pacemaker in grado di stimolare il cuore in modo molto simile a quello fisiologico, stimolando cio\\'e8 prima gli atri e poi i ventricoli; questi apparecchi vengono detti \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i pacemaker sequenziali. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Essi necessitano ovviamente di un cavo atriale e di uno ventricolare. Un primo stimolo viene diretto all'atrio, che si contrae, dopo di che il pacemaker \"sente\" se si verifica una contrazione ventricolare. Se questa non compare entro un certo intervallo di tempo, che pu\\'f2 essere programmato in modo da corrispondere al fisiologico ritardo di conduzione atrio-ventricolare, il pacemaker interviene inviando uno stimolo ai ventricoli. Anche un pacemaker sequenziale pu\\'f2 funzionare \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i in demand, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 intervenendo cio\\'e8 solo quando si verifichi l'effettiva necessit\\'e0.\r\n\\par Gli ultimi ritrovati tecnologici sono rappresentati dai \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i pacemaker autoregolanti. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Questi variano la propria frequenza o le proprie modalit\\'e0 di stimolo in relazione a parametri che indicano una variazione dell'attivit\\'e0 fisica o delle condizioni del soggetto. Esistono infatti stimolatori cardiaci collegati a sensori di diverso tipo, che sono in grado di registrare per esempio la frequenza respiratoria, o le vibrazioni meccaniche del corpo, o ancora la saturazione ematica d'ossigeno, o la temperatura del sangue venoso. Al variare di uno di questi parametri, il pacemaker autoregolante modifica l'attivit\\'e0 cardiaca nel modo pi\\'f9 idoneo per ristabilire le condizioni emodinamiche ottimali\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx3618\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PACEMAKER TEMPORANEO\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx196\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'utilizzo di uno \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i stimolatore cardiaco temporaneo \\plain\\f2\\fs20\\cf1 pu\\'f2 a volte essere necessario nell'immediato periodo postoperatorio, dopo interventi di cardiochirurgia. La manipolazione chirurgica del cuore, o l'edema intramiocardico che compare dopo un intervento, pu\\'f2 infatti provocare alterazioni del sistema di conduzione, con conseguenti anomalie del ritmo. Per questo motivo, al termine di ogni intervento cardiochirurgico, vengono posizionati sul cuore due o pi\\'f9 fili elettrici, che vengono poi fatti uscire dalla parete toracica. In caso di necessit\\'e0 \\'e8 possibile collegare a questi fili un \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i pacemaker esterno \\plain\\f2\\fs20\\cf1 per porre rimedio a eventuali aritmie che compromettono l'emodinamica dei pazienti nella delicata fase postoperatoria. Tali aritmie si risolvono in genere spontaneamente in breve tempo, cosicch\\'e9 la stimolazione esterna pu\\'f2 essere interrotta e i fili staccati. Nei rari casi in cui la lesione del tessuto di conduzione \\'e8 irreversibile, verr\\'e0 successivamente impiantato un pacemaker interno, mediante intervento chirurgico o per via endocavitaria.\r\n\\par \\pard\\tx234\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Sempre per via endocavitaria pu\\'f2 essere utile il ricorso a una stimolazione temporanea anche in altre circostanze come, per esempio, in caso di infarto miocardico acuto, per curare o prevenire le temibili complicanze aritmiche, oppure per far fronte a bradicardie che insorgono dopo un cateterismo cardiaco o altre manovre invasive.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx3357\\plain\\f2\\fs20\\cf1 IMPIANTO DI PACEMAKER DEFINITIVO\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx234\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Quando un blocco atrio-ventricolare o un'altra aritmia divengono stabili, e non sono trattabili farmacologicamente, bisogna ricorrere all'impianto di un \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i pacemaker definitivo\\plain\\f2\\fs20\\cf1 . Due sono le tecniche utilizzabili.\r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i 1) Intervento per l'impianto del pacemaker con elettrodi fissati nello spessore del miocardio. Il \\plain\\f2\\fs20\\cf1 torace viene aperto mediante toracotomia sinistra se si vuole mettere allo scoperto il ventricolo sinistro o mediante sternotomia mediana, o meglio ancora per via epigastrica sottosternale, se si vuole raggiungere il ventricolo destro. Appare allora il pericardio che viene aperto in modo da mettere a nudo la superficie ventricolare. Indi, con apposita tecnica, i due elettrodi vengono impiantati e fissati nel ventricolo esposto. Si procede quindi alla formazione di una tasca sotto il muscolo retto dell'addome: in essa viene inserita la \"scatola\" del pacemaker a cui sono collegati i cavi degli elettrodi; questi nel loro percorso dal cuore alla scatola, cio\\'e8 all'apparato stimolatore, non affiorano mai alla cute, ma percorrono un tragitto sottocutaneo o, meglio, sotto la fascia dei muscoli.\r\n\\par \\pard\\tx197\\plain\\f2\\fs20\\cf1 2) Intervento per l'impianto del pacemaker endocavitario. Esiste un particolare tipo di pacemaker che consente una stimolazione \"endocavitaria\". Esso consiste, oltre che del solito apparato stimolatore, anche di una sonda contenente l'elettrodo: questa sonda viene introdotta nel ventricolo destro attraverso la vena giugulare esterna e la vena cava superiore; la scatola contenente lo stimolatore, invece, viene bloccata sotto la cute della regione pettorale. Il vantaggio di tale metodica \\'e8 quello di non richiedere l'apertura del torace e del pericardio, e i risultati sembrano essere altrettanto brillanti di quelli ottenuti con l'impiego del pacemaker a elettrodi fissati nello spessore ventricolare. L'unico svantaggio di questo tipo di intervento \\'e8 la possibilit\\'e0 di una perdita di contatto tra la punta stimolante del catetere e la superficie endocardica. Questo pericolo \\'e8 minimizzato impegnando la punta, a forma di fungo, tra le trabecole carnee del ventricolo destro.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "PORTATORI DI PACEMAKER",
"Codice": "7310",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx6299\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PORTATORI DI PACEMAKER\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Un paziente portatore di pacemaker deve essere oggetto di sorveglianza continua. Per i primi giorni dopo l'intervento, \\'e8 opportuno registrare due volte al giorno l'ECG onde valutare il buon funzionamento della stimolazione. Una volta dimesso, il paziente deve seguire una serie di precauzioni molto importanti ai fini della continuit\\'e0 di stimolazione. In primo luogo si deve prendere il polso ogni mattina e misurare le pulsazioni/minuto: questo \\'e8 un atto semplice, ma fondamentale. Nei pacemaker fissi le pulsazioni devono avere ogni giorno la stessa frequenza cui era stato fissato il pacemaker. Per i demand invece le pulsazioni/minuto devono essere superiori o uguali al valore stabilito intraoperatoriamente; se sono superiori significa che il pacemaker \\'e8 bloccato dal ritmo sinusale spontaneo, se invece sono uguali significa che \\'e8 il pacemaker a stimolare il cuore; comunque mai la frequenza deve abbassarsi al di sotto del valore prestabilito per il pacemaker. In tale evenienza bisogna che il paziente si metta in contatto con il proprio cardiologo, perch\\'e9 si possano prendere i provvedimenti opportuni. Logicamente il paziente deve sottoporsi spesso a un ECG di controllo, anche se tutto procede bene. inoltre il paziente deve avere cura di evitare traumi, specialmente nella regione ove \\'e8 situata la scatola, il che esporrebbe al pericolo di un guasto dell'apparecchio. Nei centri pi\\'f9 attrezzati, il malato viene dimesso con l'apposita cartelletta personale ove, oltre alle generalit\\'e0 del paziente, vengono indicati il tipo di pacemaker, la frequenza a cui \\'e8 regolato, l'indirizzo del centro presso il quale il pacemaker \\'e8 stato inserito e tutta una serie di norme da seguire sia per controllare quotidianamente il funzionamento sia, eventualmente, per provvedere d'urgenza nei casi di brutale guasto dell'apparecchio con crisi di Morgagni-Adams-Stokes. Tale cartella dovrebbe sempre accompagnare il paziente. Un altro aspetto molto interessante \\'e8 conoscere quanto tempo durano le batterie che alimentano il pacemaker. Attualmente le pile possono durare anche 8-10 anni, ma sarebbe prudente sostituirle un po' prima della scadenza prevista. L'usura delle pile si produce clinicamente con un'accelerazione della frequenza del polso o brutalmente con una ripresa delle sincopi; l'ECG pu\\'f2 mostrare, nella fase di esaurimento delle batterie, una diminuzione dell'altezza dello stimolo elettrico. In presenza di tali segni, \\'e8 indispensabile sostituire la scatola di stimolazione, il che \\'e8 molto semplice potendo essere fatto anche in anestesia locale: si tratta di mettere a nudo detta scatola, deconnettere da essa gli elettrodi, che per altro non vengono asportati, e collegare questi ultimi con una nuova scatola di alimentazione. La manovra \\'e8 identica sia per i tipi fissi sia per quelli a domanda. Altri inconvenienti che possono verificarsi sono la rottura di un elettrodo (che richiede il pi\\'f9 delle volte la sostituzione dell'elettrodo rotto) e infine l'aumento della soglia di stimolazione dovuto al formarsi di fenomeni sclerotici attorno all'estremit\\'e0 miocardica degli elettrodi stessi (anche in tal caso \\'e8 necessaria una riposizione degli elettrodi sul miocardio). Al di fuori di dette complicazioni, che peraltro sono assai rare, l'applicazione di un pacemaker \\'e8 un mezzo terapeutico di grandissimo rilievo, in quanto consente con un intervento chirurgico relativamente semplice di liberare i pazienti dalla minaccia di una morte improvvisa e permette loro di riprendere una vita normale. Unico svantaggio per i portatori di pacemaker \\'e8 il dover sostituire periodicamente la scatola di stimolazione.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "SOST. VALVOLARE",
"Codice": "7592",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx205\\plain\\f2\\fs20\\cf1 SOSTITUZIONE VALVOLARE PROTESICA\r\n\\par \r\n\\par Il malato, dopo che sono stati espletati i necessari esami preoperatori e dopo un periodo di riposo e preparazione all'operazione, viene condotto, il giorno fissato per l'intervento, in sala operatoria e adagiato in posizione supina sul lettino operatorio. I preparativi all'operazione vera e propria sono piuttosto lunghi e complessi, e sono volti al monitoraggio dell'elettrocardiogramma, delle pressioni arteriosa e venosa e della diuresi. Il torace viene aperto per via sternotomica mediana e viene instaurata la circolazione extracorporea. A questo punto si ferma il cuore con la soluzione cardioplegica preferita dal chirurgo e l'aorta, dopo essere stata clampata, viene aperta con un'incisione a esse italica. Ora \\'e8 il momento di fare il bilancio esatto delle lesioni valvolari: il pi\\'f9 delle volte le valvole semilunari aortiche sono profondamente alterate, in modo da rendere inutile qualunque tentativo di intervento conservativo; esse quindi vengono asportate e sostituite con una valvola artificiale, opportunamente scelta secondo le dimensioni dell'orifizio valvolare.\r\n\\par La fissazione della valvola artificiale \\'e8 relativamente semplice: il primo tempo consiste nel disporre una serie di fili (da 15 a 20) lungo tutta la circonferenza dell'anello valvolare aortico; una estremit\\'e0 di questi fili rimane libera e l'altra viene fatta passare attraverso l'anello di teflon della valvola. Tenendo poi in tensione i fili stessi, la valvola viene fatta scivolare sull'anello aortico, e i fili vengono annodati sempre a uno a uno, e successivamente tagliati. In tal modo la valvola \\'e8 solidamente fissata.\r\n\\par Dopo aver controllato il buon funzionamento del valvola, la perfusione coronarica viene interrotta e l'aorta viene suturata: molta attenzione deve essere rivolta a impedire che nell'aorta rimanga aria, poich\\'e9 potrebbe essere la causa di gravi embolie gassose sia miocardiche sia cerebrali. Chiusa l'aorta, la circolazione extracorporea viene gradatamente arrestata mentre il malato ritorna in possesso delle proprie funzionalit\\'e0 cardiache e respiratorie. Finita la circolazione extracorporea, le cannule che erano servite ad essa vengono tolte.\r\n\\par Assicuratisi che non ci siano perdite di sangue, anche il pericardio viene suturato, lasciandovi per\\'f2 un tubo di drenaggio per asportare eventuali emorragie; un altro tubo di drenaggio viene lasciato nello spazio retrosternale. I margini dello sterno vengono ravvicinati con fili d'acciaio. L'intervento termina con la sutura a strati della parete toracica.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "TRAPIANTO CUORE",
"Codice": "7740",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx4125\\plain\\f2\\fs20\\cf1 IL TRAPIANTO DI CUORE\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx193\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Negli ultimi anni la cardiochirurgia ha compiuto meravigliosi progressi nella correzione dei vizi congeniti del cuore, nella sostituzione o nella riparazione delle valvole cardiache e nella cura di alcune forme di lesioni coronariche. Esistono tuttavia talune malattie, come i vizi congeniti pi\\'f9 complessi, le malattie estese delle arterie coronariche e quelle miocardiche in senso stretto, verso le quali, almeno sino alla fine del 1967, la chirurgia si dichiarava impotente. L'unica possibile soluzione in queste situazioni \\'e8 infatti la \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i sostituzione integrale del cuore, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 che pu\\'f2 essere effettuata secondo due direttive: una che prevede l'impiego di un \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i cuore umano sano \\plain\\f2\\fs20\\cf1 (prelevato a soggetti appena deceduti, preferibilmente giovani) in sostituzione di quello ammalato; l'altra che fa ricorso a \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i cuori artificiali \\plain\\f2\\fs20\\cf1 costruiti in laboratorio e atti a esplicare le funzioni di pompa del sangue. Per anni un intensissimo lavoro sperimentale fu svolto in entrambe le direzioni, finch\\'e9 la svolta decisiva si ebbe alla fine del 1967. La data storica \\'e8 il 3 dicembre 1967, il chirurgo che l'ha realizzata utilizzando un cuore umano sano \\'e8 il professor Christiaan Barnard di Citt\\'e0 del Capo. Il merito di Barnard \\'e8 quello di avere avuto il coraggio e la capacit\\'e0 di effettuare il passaggio del trapianto cardiaco dal piano sperimentale a quello dell'applicazione clinica. Infatti le prime decisive esperienze di laboratorio risalivano al 1960 ed erano opera di due chirurghi americani: Shumway e Lower. Sono costoro gli ideatori della geniale tecnica operatoria di trapianto che, pur con qualche modifica apportata da altri ricercatori fra cui lo stesso Barnard, ha resistito al tempo ed \\'e8 ancora quella utilizzata nell'applicazione clinica in tutto il mondo.\r\n\\par \\pard\\tx197\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Certamente il \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i trapianto cardiaco, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 dal punto di vista strettamente chirurgico, \\'e8 un intervento molto complesso, assai pi\\'f9 di quanto lo sia per esempio il trapianto del rene, ove il rischio operatorio \\'e8 praticamente nullo; pertanto esso pu\\'f2 essere realizzato solo in centri altamente specializzati in chirurgia cardiaca. Inoltre, al rischio operatorio di per s\\'e9 elevato si sovrappone, come per ogni trapianto, il pericolo del rigetto biologico che, per quanto attualmente possa essere bloccato con farmaci opportuni, \\'e8 sempre incombente su ogni soggetto con un organo nuovo. Certamente negli ultimi anni notevoli progressi si sono verificati, dopo la scoperta di un nuovo farmaco immuno-depressore, la ciclosporina, la cui potente azione permette tra l'altro di ridurre o addirittura eliminare l'utilizzo del cortisone. Ci\\'f2 ha consentito di abbassare sensibilmente l'incidenza delle infezioni, che costituiscono l'altra grave complicanza del trapianto. Si capisce comunque come la realizzazione pratica di un trapianto cardiaco implichi la stretta collaborazione di studiosi di diverse discipline: cardiochirurghi, cardiologi, immunologi, ematologi, batteriologi, farmacologi, biochimici. \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx2887\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Indicazioni al trapianto\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx193\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Quali sono i soggetti potenzialmente candidati al trapianto cardiaco? Si \\'e8 gi\\'e0 accennato all'inizio che esistono cardiopatie verso le quali la chirurgia conservativa non \\'e8 in grado di apportare alcun beneficio al paziente. Pertanto le principali indicazioni al trapianto sono date da:\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 a) le malattie estese delle arterie coronarie, che abbiano dato oppure no numerosi infarti e che comunque siano molto invalidanti, sia per lo scompenso irreversibile sia per il susseguirsi di frequentissimi e indomabili attacchi anginosi;\r\n\\par b) le malattie del muscolo cardiaco o \"miocardio\" in senso stretto, come le miocardiopatie dilatative, che non abbiano alcuna tendenza alla risoluzione con terapia medica e che siano sicuramente evolutive verso l'insufficienza miocardica irreversibile;\r\n\\par c) le malattie delle valvole cardiache in cui lo stato del miocardio sia tale da pregiudicare in partenza qualunque possibilit\\'e0 di successo della chirurgia puramente valvolare;\r\n\\par d) i vizi congeniti estremamente complessi e gravi. In questi ultimi casi per\\'f2, essendo compromessa anche la circolazione polmonare, esiste spesso l'indicazione per il \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i trapianto cuore-polmone associato, \\plain\\f2\\fs20\\cf1 piuttosto che per il trapianto cardiaco singolo.\r\n\\par \\pard\\tx196\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Nella scelta dei soggetti destinati al trapianto cardiaco, va tenuto presente che si deve trattare di pazienti esclusivamente \"cardiaci\", cio\\'e8 senza grave e irrecuperabile compromissione di altri organi di vitale importanza. L'et\\'e0 non deve essere superiore ai sessant'anni. I pazienti non devono essere affetti da diabete o altre malattie sistemiche, e non devono esserci infezioni in atto al momento del trapianto. Sulla base dei suddetti criteri selettivi, e quasi sempre per volontaria richiesta da parte degli stessi malati, \\'e8 possibile creare una lista di potenziali riceventi del trapianto di cuore.\r\n\\par Ma questo non basta. Su ogni paziente candidato al trapianto \\'e8 necessaria una serie di esami immunologici: la cosiddetta \"tipizzazione leucocitaria e tessutale\". In altre parole, per ogni paziente viene studiato il corredo antigenico in modo che, allorch\\'e9 si disponga di un potenziale donatore di cuore, tra i vari riceventi in lista possa essere scelto quello il cui patrimonio antigenico sia il pi\\'f9 possibile vicino a quello del donatore, previamente determinato. Questa \\'e8 una regola fondamentale: dallo scrupoloso rispetto di questa norma dipende l'avvenire dell'operato, in quanto solo l'affinit\\'e0 antigenica consente, allo sta delle attuali conoscenze, una lunga sopravvivenza allontana o attenua la possibilit\\'e0 di una temibile rezione di rigetto.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx1411\\plain\\f2\\fs20\\cf1 I donatori\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Un altro importante problema \\'e8 quello del donatore, nel suo duplice aspetto: sapere cio\\'e8 quali soggetti possono essere considerati donatori e in quale momento il cuore pu\\'f2 essere prelevato. Donatori potenziali sono tutti quei soggetti, di et\\'e0 non avanzata venuti a morte per cause non cardiache o che non abbiano interferito sulla funzionalit\\'e0 del cuore: in altre parole tutti i soggetti con cuore perfettamente sano; si capisce quindi come i migliori donatori siano soggetti giovani, vittime di incidenti mortali o di lesioni irreversibili a carico del cervello. Vanno invece esclusi i soggetti portatori di tumori maligni, di malattie infettive, di malattie vascolari generalizzate (arteriosclerosi, ipertensione arteriosa).\r\n\\par Scelto il potenziale donatore, occorre eseguire su di lui la tipizzazione presso laboratori altamente specializzati. Se tale prova, che richiede almeno tre ore di tempo, mostra affinit\\'e0 immunologiche tra il donatore e uno dei riceventi in attesa, si pu\\'f2 dare il via trapianto.\r\n\\par Si pu\\'f2 eseguire il prelievo su cuore pulsante, in quanto, sulla base delle disposizioni di legge, viene considerato morto quel soggetto che abbia completamente perso qualunque attivit\\'e0 cerebrale, cosa questa documentata dall'appiattimento dell'elettroencefalogramma. L'accertamento di morte infine deve essere eseguito, dopo un periodo di stretta osservazione di almeno 12 ore, da un'\\'e9quipe diversa da quella che effettuer\\'e0 il trapianto, costituita da un medico rianimatore, uno specialista neurologo e un medico legale. Risulta evidente che la possibilit\\'e0 di prelevare il cuore ancora pulsante \\'e8 una condizione indispensabile per l'immediata ripresa del cuore stesso dopo il trapianto. In ogni caso la legge che regolamenta i prelievi d'organo \\'e8 molto scrupolosa e consente di espiantare\" soggetti sicuramente morti dal punto di vista cerebrale.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx1643\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'intervento\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Si \\'e8 gi\\'e0 detto come il trapianto cardiaco non possa essere realizzato che presso centri di cardiochirurgia altamente specializzati e appositamente attrezzati; anche in tali centri per\\'f2 la preparazione di un trapianto impone l'allestimento di uno speciale reparto di rianimazione sterile e uno sforzo organizzativo di grande portata per mantenere in condizioni asettiche sia il personale sia l'ambiente per tutto il periodo in cui il malato pu\\'f2 contrarre infezioni (circa tre settimane). Anche le sale operatorie, ove si svolgeranno i tempi chirurgici del trapianto, dovranno essere sterilizzate con la massima cura e nessun estraneo, al di fuori del personale medico e infermieristico strettamente necessario, vi avr\\'e0 accesso.\r\n\\par \\pard\\tx203\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Vediamo ora come viene eseguita in pratica l'operazione. E' evidente che sono necessarie due \\'e9quipes di chirurghi, operanti in due sale operatorie: la prima \\'e9quipe \\'e8 quella che lavora sul ricevente, la seconda \\'e9quipe opera invece sul donatore.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Consideriamo dapprima il ricevente e le manovre che su di lui vengono eseguite fino all'esposizione del cuore. Il paziente \\'e8 disposto in posizione supina sul letto operatorio; gli elettrodi per la registrazione continua dell'ECG (elettrocardiogramma) vengono applicati agli arti, sulla testa sono inseriti gli elettrodi per l'EEG (elettroencefalogramma) per sorvegliare momento per momento l'attivit\\'e0 del cervello, un catetere viene inserito nella vescica per controllare la diuresi; infine due sonde termometriche sono inserite nell'esofago e nel retto: esse daranno in ogni momento i valori della temperatura, rispettivamente centrale e periferica.\r\n\\par Il malato viene addormentato e intubato con i consueti metodi per anestesia, indi collegato con un respiratore automatico. Cominciano quindi le solite manovre di ogni intervento cardiochirurgico sotto circolazione extracorporea: viene incannulata un'arteria al polso in modo da poter visualizzare in ogni istante il valore della pressione arteriosa; lo stesso viene fatto con una vena centrale in modo da poter visualizzare la pressione venosa centrale in ogni istante. Due chirurghi provvedono poi all'apertura del torace mediante una sternotomia mediana. Divaricati i due emisterni, appare il pericardio, che viene aperto longitudinalmente arrivando in alto sino alla plica di riflessione sui grandi vasi. Si procede quindi alle incannulazioni venosa e arteriosa per collegare il paziente all'apparecchio di circolazione extracorporea: due cannule speciali di plastica sono introdotte nelle vene cave e una cannula di calibro opportuno \\'e8 inserita nell'aorta. Cos\\'ec il malato \\'e8 collegato al circuito della pompa extracorporea, che da questo momento pu\\'f2 essere avviata. La CEC (circolazione extracorporea) ha lo scopo di supplire la funzione del cuore e dei polmoni durante la temporanea sospensione della loro attivit\\'e0 in corso di intervento cardiochirurgico. Se il cuore del ricevente \\'e8 ancora sufficientemente valido, prima di iniziare la CEC bisogna provvedere al prelievo del cuore del donatore.\r\n\\par \\pard\\tx198\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i donatore viene \\plain\\f2\\fs20\\cf1 preparato in una sala operatoria attigua o anche situata in altro ospedale, purch\\'e9 a una distanza percorribile con il mezzo a disposizione (auto, elicottero, aereo) in meno di due-tre ore. Non bisogna poi dimenticare che, nel caso di \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i prelievo multiorgano \\plain\\f2\\fs20\\cf1 (cuore, fegato, rene), sempre pi\\'f9 praticato negli ultimi anni, le esigenze dei cardiochirurghi devono essere integrate e sincronizzate con quelle degli altri specialisti che effettuano contemporaneamente il prelievo degli organi di rispettiva competenza. Anche il donatore \\'e8 monitorizzato dal punto di vista elettrocardiografico e della pressione arteriosa. indi, procedendo nella pi\\'f9 rigorosa sterilit\\'e0, si apre il torace mediante una sternotomia media longitudinale e, previa apertura del pericardio, si raggiunge il cuore. A questo punto \\'e8 necessaria una scrupolosa osservazione dell'aspetto del cuore, che deve essere perfettamente sano, senza alcuna lesione di natura traumatica; questa, evidentemente, \\'e8 condizione indispensabile al fine di poter realizzare con successo il trapianto.\r\n\\par \\pard\\li208\\tx208\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Verificato ci\\'f2, si pu\\'f2 procedere all'espianto, cio\\'e8 al prelievo del cuore dal donatore. Dopo aver fermato il cuore con una particolare soluzione \"cardioplegica\" fredda, le vene cave sono sezionate in corrispondenza del loro abboccamento all'atrio destro, indi l'aorta \\'e8 sezionata a livello dell'arco, il tronco dell'arte polmonare \\'e8 pure sezionato a livello della sua biforcazione; per ultimo vengono tagliate le quattro vene polmonari in corrispondenza del loro abboccamento all'atrio sinistro. Il cuore, cosi prelevato, viene collocato in una bacinella contenente soluzione fisiologica raffreddata a 4 \\'b0C, per mantenere un'ipotermia del miocardio e proteggerlo dall'anossia. Il trasporto a distanza avviene inserendo il cuore in un sacchetto di plastica sterile contenente la medesima soluzione e quest'ultimo in una borsa frigorifera piena di ghiaccio tritato.\r\n\\par Giunto nella sala operatoria, ove il ricevente si trova gi\\'e0 \"preparato\" come si \\'e8 visto precedentemente il cuore da trapiantare viene ulteriormente modellato, preparando con particolare tecnica l'atrio destro e quello sinistro nonch\\'e9 separando completamente l'aorta dall'arteria polmonare. A questo punto, avviata la CEC, si procede all'asportazione del cuore ricevente: tale prelievo \\'e8 eseguito con metodica differente da quella effettuata sul donatore. Infatti sul ricevente la rimozione del cuore viene realizzata sezionando gli atri a livello del solco atrio-ventricolare, e l'aorta e l'arteria polmonare appena sopra la loro origine dai rispettivi ventricoli. Asportato cos\\'ec il cuore, nel sacco pericardico rimangono gli atri con gli imbocchi e gli sbocchi dei grossi vasi; in esso viene immediatamente collocato il cuore da trapiantare e le suture hanno subito inizio. Si comincia solitamente cucendo l'atrio sinistro del ricevente con quello del donatore; la sutura \\'e8 realizzata con sovraggitto eventualmente raddoppiato per garantire una valida emostasi. Indi viene cucito l'atrio destro, poi l'arteria polmonare e infine l'aorta. A questo punto si esegue un'accurata evacuazione dell'aria da ogni cavit\\'e0 cardiaca, allo scopo di evitare l'embolia gassosa. Durante tutto il tempo necessario per le suture, la protezione miocardica \\'e8 garantita mediante raffreddamento esterno per contatto con soluzione fisiologica fredda a 4 \\'b0C, o con altra metodica in uso nel centro cardiochirurgico che effettua il trapianto. Terminata la sutura aortica ed eseguita una corretta evacuazione di ogni residuo di aria, il clampo occludente l'aorta del ricevente viene rimosso, e il sangue della perfusione generale, preventivamente riscaldato a 37 \\'b0C, pu\\'f2 cos\\'ec irrorare il circolo coronarico del cuore nuovo, riscaldandolo e apportandovi ossigeno. Dopo qualche minuto il cuore comincia ad assumere dei movimenti superficiali vermicolari, espressione della cosiddetta fibrillazione ventricolare; tali movimenti possono trasformarsi spontaneamente in battiti ritmici e validi; talora invece \\'e8 necessaria una scarica elettrica perch\\'e9 il cuore possa acquistare un ritmo valido ed efficiente.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Appena compaiono dei battiti efficaci, la circolazione extracorporea pu\\'f2 essere progressivamente interrotta di modo che, a un certo punto, \\'e8 il cuore trapiantato ad assumersi l'incarico di mantenere la circolazione del sangue con una pressione arteriosa valida. Dopo qualche minuto di attesa i battiti del cuore trapiantato divengono sempre pi\\'f9 vigorosi e si pu\\'f2 deconnettere il ricevente dalla macchina cuore-polmone artificiale procedendo all'asportazione delle cannule venose e di quella arteriosa. L'intervento, a questo punto, \\'e8 praticamente terminato: non rimane che chiudere il pericardio lasciando nella cavit\\'e0 un tubo di drenaggio, per asportare eventuali emorragie o trasudazioni intrapericardiche, e chiudere infine lo sterno e i piani superficiali.\r\n\\par \\pard\\tx205\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Da questo momento inizia la \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i r\\'edanimazione cardiaca postoperatoria \\plain\\f2\\fs20\\cf1 che fondamentalmente \\'e8 analoga a quella di qualunque intervento cardiochirurgico, con la differenza che deve essere condotta in ambiente e con personale medico e infermieristico scrupolosamente sterili. Si deve inoltre associare un'accurata terapia \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i immuno-soppressiva \\plain\\f2\\fs20\\cf1 allo scopo di evitare la \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i reazione di rigetto. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Superati i primi giorni del decorso postoperatorio, il malato riprende gradatamente una moderata attivit\\'e0 fisica; per\\'f2 deve sempre rimanere sotto costante controllo medico perch\\'e9 possano essere subito identificati eventuali segni clinici di rigetto che, se confermati dall'esame istologico delle biopsie miocardiche, richiedono un immediato adeguamento della terapia immunosoppressiva. In casi ormai molto rari la reazione non pu\\'f2 essere dominata e il malato soccombe.\r\n\\par Concludendo, si pu\\'f2 dire che il trapianto cardiaco \\'e8 una realt\\'e0 clinica che permette la sopravvivenza di oltre l'80% dei pazienti a cinque anni dall'intervento, anche se la persistente minaccia della reazione di rigetto rappresenta tuttora una grave incognita sul futuro a medio e lungo termine del trapiantato.\r\n\\par \r\n\\par IL CUORE ARTIFICIALE\r\n\\par \r\n\\par La ricerca di un sostituto meccanico del cuore o cuore artificiale, \\'e8 uno dei due grandi indirizzi della cardiochirurgia moderna, accanto al trapianto di cuore. Il concetto su cui si basa \\'e8 che in definitiva il cuore si comporta come una pompa, la cui funzione \\'e8 quella di far progredire il flusso di sangue in una data direzione, sfruttando un particolare gioco di valvole. Non si vede pertanto perch\\'e9, risolti alcuni importanti problemi di carattere biologico, questa pompa naturale non possa essere sostituita, parzialmente o totalmente, da una pompa meccanica artificiale.\r\n\\par Le continue ricerche hanno permesso, almeno in parte, di ovviare al principale ostacolo che si oppone alla realizzazione di tale progetto, e cio\\'e8 la difficolt\\'e0 di trovare un materiale di rivestimento interno di questa pompa artificiale e un tipo di valvola tali da ridurre al minimo i fenomeni di trombosi e soprattutto di emolisi che abitualmente si verificano quando il sangue circola per lungo tempo a contatto con superfici \"non biologiche\". Inoltre le ricerche per trovare una fonte di energia impiantabile insieme al cuore artificiale sono ancora limitate al campo sperimentale. Cuori artificiali totali sono gi\\'e0 stati impiantati anche sugli uomini, ma si tratta di modelli che, pur essendo totalmente impiantabili, dipendono sempre da un sistema di controllo e da una fonte di energia esterni, pi\\'f9 o meno ingombranti. In ogni caso i recenti progressi dell'elettronica hanno dato nuovo impulso a questi studi che, almeno in campo sperimentale, si dimostrano molto promettenti.\r\n\\par I cuori artificiali che hanno trovato fino a questo momento un pi\\'f9 valido e diffuso impiego clinico sono i cosiddetti VAD o Ventricular Assist Devices (che tradotto significa: dispositivi di assistenza ventricolare). Questi dispositivi non si propongono di sostituire interamente e definitivamente l'azione contrattile del muscolo cardiaco (che infatti non viene asportato), bens\\'ec di permettere una migliore guarigione del cuore (colpito da infarto o da grave insufficienza ventricolare), mettendolo parzialmente e temporaneamente a riposo. Si tratta in sostanza di piccole pompe, basate su principi meccanici diversi, ma che hanno una funzione simile a quella delle pompe per la circolazione extracorporea intraoperatoria. Esse vengono collegate con delle cannule al circolo del paziente e, pompando il sangue, consentono al cuore di ridurre senza rischi la propria attivit\\'e0 fino a una sua valida ripresa. Queste forme di \"assistenza ventricolare\" possono supplire temporaneamente all'azione del ventricolo sinistro, o del ventricolo destro, di entrambi a seconda delle necessit\\'e0. Lungo il circuito esterno di queste pompe \\'e8 possibile anche interporre un ossigenatore che, soprattutto in caso d'insufficienza ventricolare destra o d'insufficienza respiratoria, pu\\'f2 coadiuvare i polmoni negli scambi respiratori. Quando le condizioni del cuore sono talmente compromesse da rendere assai improbabile una sua ripresa, l'assistenza ventricolare viene instaurata unicamente allo scopo di mantenere la funzione circolatoria per qualche tempo, nell'attesa di un donatore adatto per un trapianto di cuore. Questi dispositivi comunque richiedono un'attenta e continua sorveglianza, e la loro applicazione viene effettuata unicamente in centri altamente specializzati.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "TROMBOEMBO",
"Codice": "7110",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx5927\\plain\\f2\\fs20\\cf1 TROMBOEMBOLECTOMIA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'intervento di embolectomia deve essere attuato prima che sia trascorso molto tempo dall'inizio della sintomatologia, per evitare che si stabiliscano fenomeni di trombosi secondaria. Si pu\\'f2 fare un'embolectomia diretta che consiste nell'aggredire l'arteria proprio nel suo tratto ostruito: l'arteria viene incisa longitudinalmente per un breve tratto e, attraverso questa incisione, l'embolo viene estratto con le pinze. Una volta terminata l'operazione, si sutura l'arteria. Ma questo ormai \\'e8 un tipo di approccio non pi\\'f9 utilizzato da quando sono stati introdotti in ambito chirurgico i cateteri di Fogarty. Grazie a tali cateteri \\'e8 possibile effettuare un'embolectomia indiretta, tecnicamente molto pi\\'f9 semplice e assai meno impegnativa per il malato. L'embolectomia indiretta consiste nell'isolamento di un'arteria di facile accesso a monte della sede dell'embolo, seguito dall'introduzione, attraverso una breve incisione arteriosa, di una speciale sonda, terminante con un rivestimento di gomma, il quale pu\\'f2 venir gonfiato come un palloncino. Una volta che l'estremit\\'e0 della sonda ha superato l'embolo, il palloncino terminale di gomma viene gonfiato e la sonda viene ritirata. In questo modo il palloncino viene a trascinare con s\\'e9 l'embolo fino a permetterne l'estrazione attraverso l'arteriotomia iniziale.\r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "TROMBOENDO",
"Codice": "7586",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx10223\\plain\\f2\\fs20\\cf1 TROMBOENDOARTERIECTOMIA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per prima cosa si isola la carotide mediante una incisione cutanea sulla faccia laterale del collo, lungo il margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo, facendo attenzione a non ledere i rami nervosi circostanti (facciale, ipoglosso, vago). A livello della biforcazione si pongono tre clampi vascolari, rispettivamente sulla carotide comune, sulla carotide interna e sulla carotide esterna, e si pratica una arteriotomia longitudinale estesa alla carotide interna. A questo punto si visualizza la placca e si procede alla sua asportazione dopo aver trovato un buon piano di clivaggio nella tunica media, che consenta di separare la placca dalla parete esterna dell'arteria. Una volta asportata la placca, si procede alla chiusura dell'arteriotomia mediante una sutura diretta oppure, qualora si preveda che questa possa provocare una stenosi del vaso, mediante l'applicazione di un patch di dacron al fine di ottenere un lume pi\\'f9 ampio. Il grosso problema legato a questo tipo di intervento riguarda la transitoria situazione di ischemia cerebrale che si viene a creare durante il clampaggio della carotide. In genere i tempi necessari per eseguire la fase centrale dell'intervento non sono mai cos\\'ec lunghi (10-15 minuti) da poter procurare dei danni al cervello che, nel frattempo, viene irrorato dai circoli collaterali del Willis. In ogni caso \\'e8 bene monitorizzare l'attivit\\'e0 cerebrale con un elettroencefalogramma (EEG) durante tutta la durata del clampaggio carotideo: se si manifestano alterazioni all'EEG si provvede subito a interporre uno shunt temporaneo, costituito da un tubicino di plastica che connette i tratti di arteria carotide al di sotto e al di sopra dei clampi, in modo da garantire un afflusso di sangue al cervello anche durante il clampaggio. Questa \\'e8 una delle ragioni per cui alcuni chirurghi preferiscono operare i pazienti da svegli e in anestesia loco-regionale: un eventuale deficit cerebrale pu\\'f2 essere infatti rilevato pi\\'f9 precocemente se il paziente \\'e8 sveglio e pu\\'f2 essere valutato in vari modi dal punto di vista neurologico.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "CHIR.DIRETTA",
"Codice": "7483",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx3199\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CHIRURGIA ARTERIOSA DIRETTA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La chirurgia diretta delle trombosi arteriose comprende varie tecniche: la disostruzione arteriosa e l'applicazione di patch (pezza di materiale sintetico o biologico che serve ad allargare il lume arterioso), l'arteriectomia e il trapianto arterioso, il cosiddetto .pontage\" o \"by-pass\".\r\n\\par La scelta tra una di queste tecniche sar\\'e0 indubbiamente suggerita dal tipo particolare di lesione, dall'estensione di essa e naturalmente dalla localizzazione del processo patologico.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 DISOSTRUZIONE ARTERIOSA. La disostruzione \\'e8 indubbiamente l'intervento di scelta se l'esame arteriografico ha mostrato una lesione trombotica di non eccessiva lunghezza.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Pu\\'f2 essere interessata l'arteria iliaca comune oppure l'iliaca esterna o la femorale comune o la femorale profonda: si tratta, come si vede, di grosse arterie, la cui ostruzione \\'e8 la causa di tutta quella serie di disturbi, anche gravi, che conducono il paziente al tavolo operatorio.\r\n\\par Le trombosi delle arterie distali, dato il loro calibro pi\\'f9 ridotto, non sono responsabili di imponente sintomatologia e perci\\'f2 assai raramente necessitano di interventi di chirurgia vascolare.\r\n\\par Seguendo i dati dell'esame arteriografico, l'arteria colpita viene messa a nudo per tutto o buona parte del tratto ostruito o trombizzato, che appare privo di pulsazione e trasformato in un grosso cordone duro e immobile.\r\n\\par Si colloca un clampo vascolare (angiostato a bull-dog) sull'arteria a monte della trombosi e un altro a valle della trombosi stessa.\r\n\\par A questo punto si incide longitudinalmente l'arteria proprio nel tratto che \\'e8 sede di trombosi: dall'apertura arteriosa non si vedr\\'e0 fuoriuscire sangue, segno che la trombosi \\'e8 completa; apparir\\'e0 al contrario il trombo, talora friabile, talora duro e calcificato, intimamente aderente alla parete arteriosa.\r\n\\par Bisogna cercare di creare un piano di scollamento tra la parete arteriosa e il trombo e, con opportuni stiramenti e pinzamenti del trombo stesso, quest'ultimo viene asportato e il lume arterioso pu\\'f2 essere liberato da tale ostacolo.\r\n\\par A questo punto \\'e8 opportuno osservare se il sangue circola liberamente sia a monte sia a valle: per fare ci\\'f2 si toglie un attimo il clampo a monte e si valuta la validit\\'e0 del flusso arterioso anterogrado, poi si toglie quello a valle e si nota se esiste un flusso retrogrado, segno di perviet\\'e0 distale dell'arteria.\r\n\\par Se queste due prove sono positive, si pu\\'f2 passare alla fase terminale, che consiste nella chiusura dell'incisione arteriosa mediante sutura diretta oppure mediante applicazione di un patch di allargamento per non creare una nuova stenosi.\r\n\\par Fatto ci\\'f2, non rimane che suturare i vari strati: fasciale, muscolare e cutaneo, che erano stati incisi per raggiungere l'arteria trombizzata.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PATCH ARTERIOSO. Il patch non \\'e8 altro che una pezza che serve per allargare il lume di un'arteria: tale pezza pu\\'f2 essere costituita dalla parete di una vena prelevata al paziente stesso, oppure da un particolare tessuto sintetico, non tossico e che risulti perfettamente tollerato dall'organismo.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i Patch venoso. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Nel caso di patch venoso si preleva per lo pi\\'f9 la vena grande safena, o safena interna, in prossimit\\'e0 del suo sbocco nella vena femorale, asportandone un tratto lungo quanto l'incisione praticata sull'arteria: indi il tratto venoso asportato viene aperto mediante un taglio longitudinale, e le due estremit\\'e0 vengono rese appuntite in modo che si possano adattare all'incisione arteriosa. La legatura e l'asportazione del tratto terminale della safena interna non provocano disturbi allo scarico venoso dell'arto.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i Patch di materiale sintetico. Il \\plain\\f2\\fs20\\cf1 materiale sintetico pi\\'f9 comunemente usato \\'e8 costituito da pezze di goretex o di dacron da cui viene tagliato un lembo di dimensioni adatte, con l'avvertenza che le estremit\\'e0 siano a punta. Questi materiali sintetici, oltre a dare garanzie di perfetta tollerabilit\\'e0 da parte dell'organismo umano, sono resistenti all'usura e hanno una ridotta trombogenicit\\'e0.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il patch, sia esso venoso o di materiale sintetico, viene suturato sui margini dell'incisione arteriosa: terminata la sutura, vengono tolti i clampi a valle e a monte.\r\n\\par Per qualche minuto una certa quantit\\'e0 di sangue fuoriesce a livello della sutura, ma il fenomeno \\'e8 di breve durata; si pu\\'f2 cos\\'ec procedere alla chiusura dei piani muscolo-aponeurotici e della cute.\r\n\\par \\pard\\tx0\\plain\\f2\\fs20\\cf1 A questo punto l'intervento pu\\'f2 dirsi concluso.\r\n\\par \\pard\\tx204\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 INNESTO ARTERIOSO. All'innesto arterioso si ricorre allorch\\'e9 il tratto trombizzato \\'e8 molto esteso in lunghezza oppure il trombo aderisce talmente alla parete dell'arteria da non poter essere asportato in alcun modo ed \\'e8 tale da rendere inutile ogni manovra di disostruzione, oppure quando lo stato delle pareti arteriose \\'e8 estremamente alterato.\r\n\\par \\pard\\tx200\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Come materiale di innesto, soprattutto per le occlusioni delle arterie distali dell'arto inferiore, si pu\\'f2 utilizzare la vena safena interna prelevata per un tratto lungo quanto la parte di arteria da sostituire, oppure speciali tubi di materiale plastico opportunamente studiato a tale scopo.\r\n\\par Nel caso si utilizzi la vena safena, \\'e8 chiaramente indispensabile posizionarla nel modo corretto, tenendo conto cio\\'e8 della posizione delle valvole che, al suo interno, permettono il flusso di sangue in un'unica direzione.\r\n\\par Una volta isolata l'arteria trombizzata, sempre sulla scorta dei dati forniti da una precedente arteriografia, e constatata l'impossibilit\\'e0 di procedere a una disostruzione, bisogna decidere per un trapianto.\r\n\\par Si colloca quindi un clampo a monte e uno a valle del tratto trombizzato, avvalendosi, per il riconoscimento della parte sana, sia delle sue pulsazioni arteriose sia della differenza di consistenza tra il tratto trombizzato e il tratto libero.\r\n\\par Di solito si comincia con l'anastomosi distale: l'arteria viene sezionata tra il clampo e la trombosi, e il moncone distale suturato al trapianto arterioso. Indi si passa all'anastomosi prossimale: anche qui si seziona l'arteria tra il clampo e la trombosi, e il moncone prossimale viene abboccato all'estremit\\'e0 superiore del trapianto. Se \\'e8 possibile, \\'e8 meglio asportare interamente l'arteria trombizzata.\r\n\\par Si tolgono quindi i clampi, si osserva che nel trapianto ci sia una buona pulsazione e, dopo ci\\'f2, si pu\\'f2 chiudere la ferita operatoria.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'operazione \\'e8 cos\\'ec terminata.\r\n\\par \\pard\\tx200\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'utilizzo di segmenti arteriosi, prelevati da cadavere o da donatori multiorgano, per sostituire tratti di aorta o di arteria femorale, trova indicazione soprattutto nei casi di infezione di un condotto di materiale sintetico che sia stato precedentemente impiantato nel paziente.\r\n\\par Le infezioni protesiche sono complicanze rare, ma purtroppo difficilmente curabili che possono portare all'amputazione dell'arto o addirittura, nei casi pi\\'f9 gravi, alla morte del paziente.\r\n\\par Il ricorso a trapianti di materiale omologo, cio\\'e8 di tessuto umano, consente spesso una risoluzione del processo infettivo.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PONTAGE ( O BY-PASS ) ARTERIOSO. Poich\\'e9 l'asportazione dell'arteria occlusa richiede un intervento indaginoso (soprattutto quando il tratto interessato \\'e8 esteso), la tecnica dell'innesto arterioso \\'e8 stata quasi abbandonata a favore del pontage o by-pass.\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il principio \\'e8 lo stesso, solo che la protesi (vena o materiale sintetico) non viene interposta sul tronco arterioso, ma applicata in parallelo a questo, abboccandone l'estremo prossimale e distale all'arteria in due tratti pervi, con anastomosi latero-laterali. Si crea in questo modo un \"ponte\" che scavalca l'ostruzione arteriosa, portando sangue a valle del tratto leso, che viene lasciato in situ. Si ottiene cos\\'ec anche il vantaggio di non ledere eventuali rami collaterali che hanno parzialmente rivascolarizzato la zona interessata dalle lesioni occlusive.\r\n\\par \\pard\\tx192\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per quanto riguarda il materiale di scelta per questo \"ponte\", le preferenze vanno al materiale sintetico (tubi di dacron) per gli interventi eseguiti a livello di arterie di calibro maggiore, per esempio per lesioni del tratto aorto-iliaco, con anastomosi distale a livello della femorale comune; mentre si sceglie la vena safena per by-pass nel tratto femoro-popliteo, con anastomosi distale subito sopra o subito sotto il ginocchio.\r\n\\par Alcune tecniche pi\\'f9 recenti prevedono l'utilizzo della vena safena \"in situ\", cio\\'e8 senza che questa venga isolata e asportata. In questo caso \\'e8 necessario eliminare tutte le valvole venose mediante uno speciale valvulotomo che si inserisce nella vena attraverso una piccola incisione. Fatto ci\\'f2, il sangue pu\\'f2 scorrere nella vena in senso centrifugo, cio\\'e8 verso la periferia come accade nelle arterie.\r\n\\par A questo punto \\'e8 allora possibile abboccare la vena safena al di sopra del tratto ostruito dell'arteria che si vuole bypassare; si provvede successivamente con un'altra piccola incisione a isolare l'arteria a valle dell'ostruzione e in questo punto si confeziona l'anastomosi distale con la safena, dopo averla isolata e mobilizzata quel tanto che basta per avvicinarla al vaso arterioso.\r\n\\par In questo modo la safena, senza essere prima preevata e poi reimpiantata parallelamente all'arteria ostruita, viene a svolgere le funzioni di condotto arterioso consentendo al flusso sanguigno di bypassare il tratto ostruito.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 BY-PASS EXTRA-ANATOMICO. In alcuni casi, soprattutto se si tratta di pazienti particolarmente a rischio, che non possono affrontare interventi lunghi e impegnativi, come pazienti anziani o portatori di cardiopatie, o pazienti gi\\'e0 operati in precedenza, il pontage o by-pass di dacron viene posizionato in sede extraanatomica: vale a dire in una sede diversa rispetto a quella originaria dell'arteria occlusa o di una precedente protesi che si \\'e8 trombizzata.\r\n\\par \\pard\\tx192\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per un'ostruzione dell'aorta terminale o di un'arteria iliaca \\'e8 possibile per esempio impiantare un lungo tubo di materiale sintetico (dacron) che, partendo dall'arteria ascellare e decorrendo nel tessuto sottocutaneo del torace e dell'addome, porta sangue all'arteria femorale omolaterale. (By-pass axillo-femorale.)\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il tempo necessario per confezionare un by-pass extra-anatomico \\'e8 sensibilmente minore e l'intervento non richiede l'apertura della cavit\\'e0 toracica o addominale, riducendo cos\\'ec i rischi operatori.\r\n\\par Indubbiamente, nonostante i continui progressi tecnologici che si sono raggiunti nella fabbricazione di protesi vascolari, l'efficacia e la perviet\\'e0 a distanza di tempo di questi condotti sintetici molto lunghi \\'e8 minore rispetto a quella dei by-pass in sede anatomica, per cui tali interventi vengono riservati a pazienti anziani o particolarmente defedati, con una ridotta aspettativa di vita.\r\n\\par In ogni caso essi consentono spesse volte di preservare la vitalit\\'e0 di un arto senza dover ricorrere a una amputazione, che \\'e8 un intervento indubbiamente pi\\'f9 gravoso e pi\\'f9 invalidante.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 AMPUTAZIONE. L'amputazione rappresenta la terapia chirurgica obbligata quando il grado di ischemia \\'e8 cos\\'ec grave da aver provocato lesioni necrotiche e gangrene estese di un arto o di parte di esso.\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 In tutti questi casi un intervento di quelli analizzati in precedenza, oltre che inutile, risulterebbe anche dannoso, perch\\'e9 \\'e8 ormai provato che la rivascolarizzazione di tessuti gi\\'e0 seriamente compromessi non fa che apportare un ulteriore danno; inoltre essa facilita l'immissione in circolo di sostanze tossiche, provenienti dal riassorbimento di materiale necrotico, le quali possono mettere in serio pericolo la vita stessa del paziente.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 A seconda dell'estensione della necrosi, possono essere effettuate amputazioni di dito, di piede gamba o di coscia. Molto importante in ogni caso \\'e8 che l'amputazione sia molto ampia, in modo che la ricostruzione e la sutura del moncone vengano eseguite su tessuto sicuramente vitale.\r\n\\par Il ricorso a questi interventi demolitivi, se si escludono quelli necessari in seguito a eventi traumatici, \\'e8 comunque oggi in diminuzione rispetto a qualche anno fa, grazie ai continui progressi della chirurgia vascolare e della terapia farmacologica e infine alla diffusione di una nuova mentalit\\'e0 di tipo preventivo che ha fortunatamente portato a una riduzione l'abuso di tabacco e di tutti gli altri fattori di rischio. \r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 LA RADIOLOGIA INTERVENTISTICA. Cos\\'ec come in campo cardiologico, anche in ambito vascolare. \\'e8 possibile talora allargare una stenosi arteriosa mediante utilizzo di particolari cateteri a palloncino.\r\n\\par \\pard\\tx197\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il catetere viene introdotto nell'arteria attraverso una semplice puntura per via percutanea e, sotto controllo radioscopico, viene spinto al suo interno fino a quando la punta si trova a cavallo della stenosi A questo punto il palloncino viene gonfiato ad alta pressione con soluzione fisiologica in modo da provocare una lacerazione della placca stenosante e di conseguenza, l'allargamento del calibro del vaso. L'angioplastica percutanea viene ormai eseguita in molti centri specializzati con buone percentuali di successo, soprattutto nelle ostruzioni delle arterie iliache, femorali, renali e carotidi.\r\n\\par In alcuni casi possono venire anche applicati degli stent, una sorta cio\\'e8 di speciali protesi endovascolari, di forma all'incirca elicoidale, che vengono introdotte con lo stesso catetere da angioplastica e, una volta in sede, contribuiscono a mantenere pervio il lume dell'arteria appena dilatato. L'applicazione degli stent rappresenta una tecnica innovativa il cui utilizzo clinico \\'e8 per il momento limitato ai centri con maggiore esperienza, ma i primi risultati la pongono fra le tecniche pi\\'f9 promettenti alternative all'intervento chirurgico.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "CHIR.INDIRETTA",
"Codice": "7632",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx2122\\plain\\f2\\fs20\\cf1 SIMPATICECTOMIA\r\n\\par \r\n\\par La simpaticectomia, cio\\'e8 l'interruzione delle fibre nervose simpatiche, pu\\'f2 essere eseguita a due livelli: a livello dei gangli (aggruppamenti di cellule nervose) simpatici lombari, e tale intervento si chiama simpaticectomia gangliare lombare, o gangliectomia lombare, oppure a livello delle terminazioni delle f\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i \\plain\\f2\\fs20\\cf1 bre nervose sulle pareti arteriose, e questa operazione si chiama simpaticectomia avventiziale o periarteriosa, appunto perch\\'e9 \\'e8 nell'avventizia che decorrono le suddette fibre.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Questi interventi, specialmente il primo, apportano indubbiamente dei miglioramenti, nel senso che sviluppano ulteriormente la circolazione collaterale, soprattutto quella superficiale, e consentono al sangue di arrivare per vie traverse nel territorio normalmente irrorato dall'arteria che \\'e8 ostruita. Per\\'f2 hanno l'inconveniente di lasciare inalterata la trombosi, la quale purtroppo, con l'avanzare del tempo, tende a invadere territori arteriosi sempre pi\\'f9 estesi e finisce per portare a gangrena l'arto.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per non giungere a questi estremi, sono stati messi a punto vari metodi chirurgici di attacco diretto dell'arteria o delle arterie interessate.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "INFUFF MITRALICA-CONSERVATIVA",
"Codice": "711",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 INSUFFICIENZA MITRALICA Chirurgia conservativa \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Questo tipo di chirurgia da qualche tempo si sta riaffermando grazie soprattutto a un metodo semplice e ingegnoso proposto da un chirurgo francese (Carpentier). Questo tipo di valvuloplastica parte dal presupposto che un'insufficienza mitralica \\'e8 frequentemente dovuta a uno sfiancamento dell'anello che rappresenta il supporto valvolare (anulus). La conseguenza di tutto ci\\'f2 \\'e8 l'allontanamento reciproco dei lembi valvolari, che pertanto non svolgono pi\\'f9 efficacemente la loro funzione emodinamica.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 ANULOPLASTICA DI CARPENTIER. La valvuloplastica di Carpentier si giova di un anello metallico rigido che, applicato sulla faccia atriale dell'anulus anatomico ridona alla valvola una forma normale e ai lembi un corretto combaciamento in fase di chiusura. Scelto l'anello adatto per mezzo di un apposito misurato esso viene fissato all'interno dell'atrio mediante una serie di punti di sutura che, passati dapprima sull'anulus anatomico, vengono poi ancorati al tessuto di teflon che, come nelle protesi artificiali, circonda l'anello metallico.\r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'intervento quindi \\'e8 condotto a cuore aperto pertanto si svolge in circolazione extracorporea.\r\n\\par I risultati ottenuti con questa metodica sono eccellenti e permettono di restituire al paziente condizioni di vita pressoch\\'e9 normali. Questo sistema di plastica valvolare si \\'e8 dimostrato molto efficace e interessante, perch\\'e9 da un lato assicura un rendimento emodinamico normale, senza pericoli di insufficienza valvolare recidivante, e dall'altro, essendo realizzato con un corpo estraneo di modestissime dimensioni, questo viene velocemente ricoperto e inglobato dai processi reattivi che ne nascondono, all'interno del cuore, la sua presenza. L'interesse specifico di ci\\'f2 \\'e8 dovuto al fatto che esso non richiede alcuna terapia anticoagulante e assicura al paziente un risultato duraturo.\r\n\\par Molto spesso l'applicazione di un anello valvolare di Carpentier rappresenta comunque la fase finale di un intervento di plastica mitralica, che \\'e8 preceduto da altre manovre correttive. Queste possono essere una commissurotomia (ovviamente a cuore aperto), una modificazione delle corde tendinee, che possono essere allungate, accorciate, reimpiantate, trasferite da una zona di impianto a un'altra, o addirittura sostituite con corde artificiali in teflon. Altri interventi possono essere eseguiti sui lembi, come resezioni parziali, riparazioni o quantomeno allargamenti con pezze di pericardio, asportazione degli ispessimenti fibrosi. Sono tutte tecniche di recentissima introduzione che molte volte consentono di evitare di rimandare nel tempo la sostituzione valvolare con protesi meccanica.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "CONSERVATIVA",
"Codice": "7781",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx3744\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CHIRURGIA CONSERVATIVA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx149\\plain\\f2\\fs20\\cf1 In linea di massima un intervento di plastica valvolare conservativa \\'e8 sempre preferibile rispetto alla sostituzione valvolare perch\\'e9, in questo modo, si evita di introdurre nel cuore un corpo estraneo rappresentato dalla protesi e si eliminano tutti i possibili problemi a essa connessi. Purtroppo per\\'f2 la tecnica conservativa \\'e8 molto limitata nel suo impiego dallo stato delle lesioni valvolari. Infatti, solamente quelle alterazioni che non hanno modificato profondamente l'apparato valvolare possono beneficiare di simili trattamenti chirurgici. Se esiste una stenosi da fusione dei lembi valvolari con mantenimento per\\'f2 della loro elasticit\\'e0, l'intervento sar\\'e0 conservativo e consister\\'e0 nell'incisione delle commissure; se esiste un'insufficienza da allargamento dell'anello valvolare, l'operazione si tradurr\\'e0 in un corretto intervento di anuloplastica, che consiste nell'avvicinare le cuspidi dei lembi valvolari mediante tecniche diverse. Comunque il principio comune \\'e8 di ridurre l'estensione della superficie dell'ostio valvolare o mediante plicature dell'anulus, limitatamente a un punto, oppure riducendo concentricamente tutta la circonferenza della valvola. L'anulus valvolare, se necessario, pu\\'f2 essere rinforzato mediante l'applicazione di un particolare anello metallico, l'anello di \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i Carpentier.\r\n\\par \\pard\\li201\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Pi\\'f9 recentemente, in caso di valvole prolassanti, sono state applicate nuove tecniche di resezione dei lembi e di reimpianto di corde tendinee, utilizzando, oltre alle corde del soggetto stesso, anche corde tendinee artificiali in teflon. Questo ha consentito di praticare interventi di plastica valvolare anche su valvole che, fino a poco tempo fa, venivano considerate non riparabili e quindi sostituite. Un grosso contributo a questi progressi della chirurgia \\'e8 dovuto all'introduzione dell'ecocardiogramma transesofageo, che consente non solo una migliore definizione anatomica e quindi una pi\\'f9 accurata diagnosi preoperatoria, ma anche un'attenta valutazione intraoperatoria dell'efficacia della riparazione. In questo modo la valvola non viene sostituita subito, ma solo se all'eco la riparazione risulta insoddisfacente. Tutto ci\\'f2 si pu\\'f2 realizzare anche grazie alle nuove metodiche di protezione miocardica intraoperatoria, che hanno consentito di allungare senza rischi i tempi operatori in modo che il chirurgo possa effettuare un lavoro molto pi\\'f9 accurato.\r\n\\par Questi tipi di interventi, pur non raggiungendo talora risultati completi, hanno, come si \\'e8 detto, il grande vantaggio di non introdurre e di non lasciare nell'organismo materiale estraneo, la cui tolleranza \\'e8 tuttora oggetto di studio, e che impone il ricorso a una terapia anticoagulante cronica per evitare fenomeni di trombosi della protesi. Essi pertanto sono soprattutto indicati nei soggetti giovani, che non hanno ancora completato lo sviluppo corporeo, e nelle donne in et\\'e0 fertile. Risultati anche non perfetti vengono comunque accettati perch\\'e9 consentono quantomeno di procrastinare nel tempo l'impianto di una protesi artificiale, che potr\\'e0 eventualmente avvenire a distanza di anni.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "fluorizzazione",
"Codice": "7159",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx4877\\plain\\f2\\fs20\\cf1 FLUORIZZAZIONE\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Un'altra efficace tecnica profilattica contro la carie consiste nella fluorizzazione dell'acqua e del latte. Il fluoro infatti determina una notevole resistenza dei tessuti duri del dente nei riflessi dell'azione degli acidi che esercitano la loro influenza nel cavo orale. E' noto che le prime proposte di fluorizzare le acque potabili ebbero origine da osservazioni, risalenti all'inizio del nostro secolo, che provocarono in maniera definitiva la minore incidenza di carie dentale in quelle popolazioni che bevevano acque ricche di fluoro. Tali osservazioni furono effettuate soprattutto dove, a causa dell'eccessivo contenuto di fluoro nell'acqua, i denti degli abitanti presentavano macchie bianco-rossicce, varianti fino al marrone, sullo smalto dei denti. Alla constatazione di questo caso clinico denominato fluorosi dentale, si associava una bassa incidenza di carie. Una volta accertata la positiva azione del fluoro contro la carie dentale si pass\\'f2 alla ricerca delle percentuali di fluoro, sotto forma di fluoruro di sodio, contenute nelle acque che provocavano la fluorosi dentale e all'osservazione degli effetti che l'acqua fluorizzata in maggiore o minore percentuale poteva provocare sull'organismo umano. Ne deriv\\'f2 la certezza che l'acqua arricchita con fluoruro di sodio a una concentrazione di ioni fluoro di un milionesimo per litro costituisce una valida profilassi contro la carie dentale e non \\'e8 nociva per l'organismo umano. Allo scopo di confermare i dati rilevati, sempre negli Stati Uniti, vennero prese come campioni due cittadine sul fiume Hudson, entrambe servite da acquedotto con acqua priva di fluoro. In una di queste citt\\'e0 l'acquedotto venne fornito di un impianto che aggiungeva la dose ottimale di fluoro all'acqua (1-2 grammi in un milione di litri). L'esperimento port\\'f2 alla constatazione che dove l'acqua era stata fluorata l'incidenza della carie era diminuita notevolmente, mentre nella zona di controllo ove l'acqua non era stata fluorata la percentuale di carie era rimasta invariata. Un altro metodo di somministrazione di fluoro \\'e8 quello di servirsi del latte. L'aggiunta di fluoruro di sodio al latte sembra possa costituire una ottima soluzione per ovviare alle obiezioni che si oppongono alla fluorizzazione dell'acqua, poich\\'e9 il suo consumo potrebbe essere volontario e anche perch\\'e9 \\'e8 noto che il latte costituisce l'alimento principe dei bambini proprio durante il periodo della dentizione e del cambiamento de denti, nel periodo cio\\'e8 in cui l'assunzione del fluoro \\'e8 pi\\'f9 raccomandabile per un suo assorbimento nello smalto e nella dentina. Un'altra arma importante \\'e8 la fluorizzazione elettrolitica. Essa consiste nell'applicazione di un gel con una concentrazione di fluoro al 2% a mezzo di elettrolisi e subito dopo l'eruzione dei denti. L'apparecchio \\'e8 estremamente semplice: un generatore di microcorrenti elettriche ha il polo negativo collegato a un portaimpronte su cui \\'e8 posta una spugna imbevuta di gel contenente fluoro e aderente all'arcata dentaria; il polo positivo \\'e8 impugnato dal paziente cos\\'ec da creare un circuito che permette una dissociazione ionica del fluoro stesso e una penetrazione di questo oltre la barriera dello smalto dentale. A livello dello smalto, che chimicamente \\'e8 un'idrossiapatite, l'ossidrile OH viene sostituito dallo ione fluoro, dando origine a una fluoroapatite, sostanza molto pi\\'f9 resistente all'azione degli acidi dell'idrossiapatite.\r\n\\par \\plain\\f2\\fs16\\cf1\\b \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "impianti",
"Codice": "7247",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx3265\\plain\\f2\\fs20\\cf1 IMPLANTI ALLOPLASTICI\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx207\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Si definisce impianto alloplastico l'inserimento di una struttura metallica in corrispondenza della superficie mascellare o mandibolare parzialmente o totalmente priva di denti. La struttura, che viene alloggiata sotto il periostio e quindi coperta dalla mucosa gengivale, \\'e8 munita di pilastri che, fuoriuscendo dalla gengiva stessa, permettono un ancoraggio per la protesi parziale o totale. Il termine \"alloplastico\" designa chiaramente la natura dell'impianto, che \\'e8 formato da un materiale non vitale. Il materiale utilizzato per questa particolare metodica \\'e8 una lega di cromo-cobalto-molibdeno, che viene ampiamente usata per la costruzione di apparecchi di protesi mobili parziali e il titanio (impianti a lama).\r\n\\par La tecnica degli impianti alloplastici \\'e8 una tecnica relativamente giovane, risalendo solo al 1942 il primo tentativo fortunato di impianto alloplastico.\r\n\\par Si considerano due tipi di impianti: impianti alloplastici iuxta-ossei e impianti alloplastici endo-ossei, secondo che la struttura metallica di sostegno venga inserita sotto la mucosa in corrispondenza della superficie ossea, oppure direttamente nell'osso. Evidentemente le tecniche e i materiali usati sono diversi per l'uno e per l'altro tipo di impianto.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx4394\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Intervento per l'impianto iuxta-osseo\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx207\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per l'impianto iuxta-osseo si usano strutture metalliche di cromo-cobalto-molibdeno.\r\n\\par La tecnica per questo intervento consiste nel praticare un'incisione, che pu\\'f2 essere fatta sia in corrispondenza della vetta della cresta alveolare sia in corrispondenza del fornice gengivale; in ogni caso questa incisione ha lo scopo di mettere a nudo la superficie di osso sulla quale dovr\\'e0 essere alloggiato l'impianto alloplastico.\r\n\\par Una volta messa a nudo la superficie ossea, si prende un'impronta, con i materiali per impronta usati normalmente in odontoiatria, in modo da poter riprodurre esattamente e fedelmente questa zona con un modello di gesso, indi si richiude la ferita operatoria e si cola del gesso nell'impronta. Una volta ottenuto il modello in gesso dalla zona di osso su cui dovr\\'e0 essere alloggiato l'impianto, si preparer\\'e0 il manufatto. Questo naturalmente deve essere costruito in laboratori specializzati, perch\\'e9 \\'e8 molto importante che sia il pi\\'f9 preciso possibile. Una volta approntato il manufatto, si eseguir\\'e0 un secondo intervento, che consister\\'e0 nel riaprire la breccia operatoria e nell'inserire l'impianto nella zona prescelta. Indi si far\\'e0 una sutura con punti staccati, in modo da ricoprire completamente l'impianto, lasciando sporgere soltanto i pilastri, sui quali verr\\'e0 successivamente costruita la protesi.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\li60\\tx60\\tx4394\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Intervento per l'impianto endo-osseo\r\n\\par \\pard\\tx60\\tx4394\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx207\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Gli impianti endo-ossei consistono in infissioni di viti o di lamine nella struttura stessa dell'osso. Questo tipo di impianto risale a qualche anno prima degli impianti iuxta-ossei e dobbiamo a un ricercatore italiano il primo successo di questa tecnica.\r\n\\par Da allora, con diverse modifiche, si \\'e8 giunti alla tecnica piuttosto semplice usata ai nostri giorni, che consiste nel praticare in corrispondenza dell'osso parzialmente o totalmente privo di denti, fori o pozzetti o solchi che possono essere uno o pi\\'f9 secondo la parte di osso interessata. Questi tipi di impianti sono utili specialmente per creare un pilastro distale in mandibole che non hanno la possibilit\\'e0 di costruzione di una protesi fissa, mancando appunto un molare sul quale ancorare la protesi.\r\n\\par Naturalmente queste tecniche, che sembrano molto semplici, non sono scevre di pericoli e si pu\\'f2 osservare abbastanza frequentemente intolleranza da parte dell'organismo a questi impianti e quindi espulsione dell'impianto stesso. Riteniamo sia giusto, perci\\'f2, limitare la tecnica dell'impianto endo-osseo solo ai casi limite, che non possono venire risolti con la protesi tradizionale.\r\n\\par Una seconda constatazione \\'e8 che l'impianto, sia iuxta-osseo sia endo-osseo, specialmente per una protesi totale, \\'e8 indubbiamente da classificare fra gli interventi chirurgici veri e propri e come tale richiede un'attrezzatura e un'organizzazione che lo rendono quasi esclusivo di cliniche dotate di moderni mezzi chirurgo-protesici. L'estensione della ferita e la sua prolungata esposizione mettono in evidenza l'importanza delle cautele asettiche e antisettiche nello svolgimento dell'intervento.\r\n\\par Attualmente questi tipi di impianti descritti, essendo di esecuzione complessa e presentando difficolt\\'e0 notevoli in caso di rimozione dovuta a insuccesso, sono quasi del tutto abbandonati.\r\n\\par Molti sono stati i tipi di impianti a vite e molte le modifiche apportate, ma oggi la tecnica implantologica punta su un nuovo tipo di impianto di recente acquisizione: la lama endo-ossea di Linkow. Il materiale usato per la realizzazione di questo tipo di lame \\'e8 il titanio, inerte e usato da tempo in ortopedia. La lama, che presenta un disegno particolare e pu\\'f2 adattarsi alla disponibilit\\'e0 dell'osso nel quale viene inserita, \\'e8 attraversata durante il processo riparativo dalla nuova formazione di osso. Dal bordo gengivale fuoriesce un moncone destinato a supporto della nuova protesi fissa. L'inserzione chirurgica di tale impianto non presenta manovre complesse e pu\\'f2 essere eseguita in breve tempo in anestesia locale. La costituzione stessa della lama, essendo le fenestrature pi\\'f9 ampie degli spazi esistenti tra le filettature delle viti, permette all'osso rigenerato di offrire una maggiore ritenzione della stessa. Inoltre l'esecuzione a cielo aperto impedisce errori e insuccessi. Per evitare di sbagliare \\'e8 necessario un attento esame radiografico panoramico; ci\\'f2 deve permettere di evidenziare la minima quantit\\'e0 di osso sufficiente a ricevere la lama. La scelta di questa \\'e8 in relazione ai carichi masticatori che dovr\\'e0 supportare. Anche l'applicazione della protesi deve rispondere a determinate condizioni, quali la mancanza di sforzi laterali e la massima cura dell'occlusione. infatti, alla chiusura della bocca, non devono sussistere contatti prematuri, o falsi contatti.\r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\b \r\n\\par \\pard\\tx3598\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Tecnica per l'impianto a lame\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 I tessuti mucoperiostali vengono incisi con un taglio di poco superiore alla misura della lama. Dopo lo scollamento dei lembi si crea un solco, mediante una fresa di trapano con velocit\\'e0 ridottissima, in quanto il riscaldamento danneggia il tessuto osseo, tale da permettere la perfetta introduzione della lama evitando forzature della stessa. Alla fine dell'intervento si procede alla sutura con punti staccati, che verranno poi rimossi nel giro di 5 o 6 giorni. In seguito verr\\'e0 collocata una protesi provvisoria che rimarr\\'e0 in posizione circa 40 giorni; dopo tale periodo verr\\'e0 approntata una nuova e definitiva protesi.\r\n\\par Naturalmente, per una buona riuscita di questo intervento, non soltanto occorrono tutte queste cautele da parte dell'operatore e una notevole capacit\\'e0 tecnica, ma \\'e8 necessario che concorrano buone condizioni generali e locali da parte del paziente e inoltre che non vi siano controindicazioni che possono causare danno al paziente.\r\n\\par \\pard\\tx207\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Tra queste controindicazioni possiamo citare la presenza di malattie orali, le avulsioni avvenute recentemente, per cui \\'e8 necessario aspettare almeno 20-25 mesi dall'ultima avulsione prima di eseguire un intervento di impianto alloplastico. Anche la presenza di malattie generali come le malattie del ricambio, le alterazioni del sangue, la tubercolosi, i disturbi delle ghiandole a secrezione interna ecc. possono creare insuccesso nell'intervento.\r\n\\par \\pard\\tx0\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per concludere, possiamo affermare che in un paziente perfettamente in salute, non essendovi la possibilit\\'e0 di eseguire una protesi sia parziale sia totale con discrete probabilit\\'e0 di successo, \\'e8 certamente indicato l'impianto alloplastico perch\\'e9 \\'e8 possibile ottenere con questa tecnica percentuali di successo veramente confortanti.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "mantenitore spazio",
"Codice": "7815",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx6444\\plain\\f2\\fs20\\cf1 MANTENITORE DI SPAZIO\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Si calcola che almeno il 60% delle malocclusioni possa essere attribuito alla perdita precoce del secondo molare da latte. Quando un dente da latte cade prima del tempo, il dentista si preoccupa di mantenere lo spazio nell'arcata per la normale eruzione del corrispondente dente permanente: se lasciata a s\\'e9 stessa la situazione inesorabilmente evolve verso la totale o parziale perdita di tale prezioso spazio per lo spostamento dei denti vicini, che avviene in maggior misura nei primi sei mesi che seguono l'estrazione. Il mantenitore di spazio va quindi posizionato subito dopo l'estrazione del deciduo di cui si vuole conservare lo spazio, quando il dente permanente che dovr\\'e0 occupare tale spazio esiste, ma la data di eruzione \\'e8 ancora lontana e la sua corona coperta da un intatto strato di osso. Il mantenitore di spazio non \\'e8 indicato in quei casi in cui il permanente corrispondente sta gi\\'e0 erompendo, quando parte dello spazio \\'e8 gi\\'e0 andata perduta e quando esiste l'indicazione gi\\'e0 da subito per un trattamento ortodontico pi\\'f9 impegnativo. Le caratteristiche di un mantenitore di spazio si possono riassumere affermando che esso: \r\n\\par \\pard\\li360\\fi-360\\tx360{\\*\\pn\\pnlvlblt\\pnf1\\pnindent360{\\pntxtb\\'b7}}\\plain\\f2\\fs20\\cf1 {\\pntext\\f1\\'b7\\tab}deve mantenere lo spazio richiesto dalle dimensioni del corrispondente dente permanente \r\n\\par {\\pntext\\f1\\'b7\\tab} non deve recare danno ai denti n\\'e9 ai tessuti molli\r\n\\par {\\pntext\\f1\\'b7\\tab}non deve ritardare i processi di crescita della zona n\\'e9 impedire il normale sviluppo dell'occlusione \r\n\\par {\\pntext\\f1\\'b7\\tab}deve essere ben saldo e sicuro \r\n\\par {\\pntext\\f1\\'b7\\tab} deve impedire l'estrusione del dente antagonista allo spazio in causa \r\n\\par {\\pntext\\f1\\'b7\\tab} deve permettere la funzione masticatoria. \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Sono stati proposti vari tipi di mantenitore di spazio, costituiti da fili ancorati a bande ortodontiche, ponti fissi modificati, archi linguali, apparecchietti in resina con ganci ecc. Per quanto riguarda la perdita precoce di un incisivo centrale o laterale da latte, l'applicazione di un mantenitore di spazio deve soddisfare anche l'esigenza estetica. Quando non vi sia questa esigenza il mantenitore va comunque posizionato quando esistono gi\\'e0 segni di insufficiente ampiezza dell'arcata, e quando la presenza di un labbro con una muscolatura anomala faccia temere l'aggravarsi del collasso dell'arcata. L'azione biologica \\'e8 dovuta alla spinta sviluppata dai movimenti muscolari sugli elementi dentari, attraverso le parti periferiche dell'apparecchio; l'azione meccanica viene esercitata dalle molle e dalla vite che, allontanando i due settori di cui la placca \\'e8 costituita, ne aumentano la superficie e quindi la forza di pressione delle parti periferiche della stessa contro le arcate dentarie.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "intervento di chiusura del DIV",
"Codice": "7372",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAC011D.avi"
},
{
"Nome": "chiusura del dotto di Botallo",
"Codice": "7667",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAC011T.avi"
},
{
"Nome": "tromboendoarteriectomia carotidea",
"Codice": "7817",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAC021E.avi"
},
{
"Nome": "chirurgia denti inclusi",
"Codice": "7828",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAD01B.avi"
},
{
"Nome": "apicectomia",
"Codice": "7155",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAD01I2.avi"
},
{
"Nome": "esofagectomia",
"Codice": "7259",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAD02F.avi"
},
{
"Nome": "appendicectomia",
"Codice": "7342",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAD04A5.avi"
},
{
"Nome": "intervento per ernia inguinale",
"Codice": "7303",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAD04N1.avi"
},
{
"Nome": "emicolectomia destra",
"Codice": "7280",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAD04P2.avi"
},
{
"Nome": "chirurgia palatoschisi",
"Codice": "7834",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAR01F.avi"
},
{
"Nome": "tonsillectomia",
"Codice": "7603",
"Tipo": "M",
"Primo": "@",
"Movie": "MAR01L.avi"
},
{
"Nome": "prevenzione parodont",
"Codice": "7617",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx3654\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PREVENZIONE IN PARODONTOLOGIA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx208\\plain\\f2\\fs20\\cf1 le malattie del parodonto sono diffuse in forte percentuale tra la popolazione. Appare quindi evidente l'importanza di una prevenzione di esse. Ci\\'f2 che determina la gengivite e la malattia del parodonto, con conseguente perdita di denti, \\'e8 un'irritazione locale; se a questa segue anche un trauma dell'occlusione, si ha la malattia parodontale.\r\n\\par La placca dentale, formata da un accumulo di batteri aderenti alla superficie della gengiva e del dente, \\'e8 la prima responsabile delle gengiviti. Gli acidi prodotti dai batteri della placca danno origine alla carie. Per evidenziarla vengono usate delle compresse colorate con eritrosina che, sciolte nella bocca, vengono assorbite nei punti di maggior accumulo. Dalla placca dentale, in seguito a calcificazione, si origina il tartaro, che \\'e8 responsabile della formazione e approfondimento delle tasche parodontali.\r\n\\par Altro componente di queste malattie \\'e8 la materia alba, costituita da una massa biancastra che si scontra sul margine della gengiva e che non \\'e8 altro che una concentrazione di batteri.\r\n\\par Per prevenire queste malattie \\'e8 necessario impedire la formazione della placca dentale; ci\\'f2 si ottiene mediante azione meccanica. Oltre allo spazzolino con dentifricio, esistono oggi mezzi supplementari di pulizia per ridurre la formazione del tartaro e quindi l'apparire delle gengiviti. Uno spazzolino, per essere efficace, deve essere di media durezza e possibilmente di nylon con punte arrotondate per non provocare abrasioni sulla mucosa gengivale.\r\n\\par Esistono poi in commercio numerose variet\\'e0 di spazzolini e di stimolatori di gomma atti a riattivare la circolazione e mantenere il trofismo delle gengive.\r\n\\par Anche il filo interdentale \\'e8 usato allo scopo di eliminare la placca tra le superfici interne dei denti (superfici prossimali). Viene usato il filo di nylon non cerato tra un dente e l'altro con un movimento di va e vieni.\r\n\\par \\pard\\tx201\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'infiammazione della gengiva interdentale viene pure ridotta usando coni di gomma o punte di legno o con l'irrigazione di acqua sotto pressione. Mediante un apparecchio munito di pompa, l'acqua viene fatta uscire sotto pressione da un beccuccio. Vengono pompati circa 20 getti intermittenti al secondo che puliscono tutte le aree inaccessibili al normale spazzolino: tra i denti, sotto i margini gengivali, attorno ai ponti, alle corone, alle applicazioni ortodontiche e nelle tasche periodontali. La pressione pu\\'f2 essere regolata in modo da ottenere un getto leggero o una pressione vigorosa. L'uso corretto dello spazzolino \\'e8 universalmente raccomandato come la base dell'igiene orale. Ma dove lo spazzolino non pu\\'f2 giungere, interviene il getto d'acqua pulsante che pu\\'f2 esere diretto con precisione per rimuovere i detriti orali dai margini gengivali e dagli spazi interprossimali\r\n\\par \\pard\\tx207\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Sono pure in commercio inibitori chimici della placca: l'eritromicina, enzimi come la ialuronidasi e la mucinasi, l'urea e la vitamina C. Un detartraggio adeguato presso uno specialista eseguito semestralmente dovrebbe ridurre notevolmente l'incidenza della malattia parodontale. Un controllo delle protesi mobili, della loro perfetta aderenza e di eventuali irritazioni deve essere eseguito periodicamente.\r\n\\par Anche l'usura delle cuspidi dentarie col trascorrere degli anni provoca spostamenti dentari e facilita l'insorgenza di alterazioni. Sono in uso misure sistemiche per combattere la placca e i batteri. Vengono somministrati antibiotici per via generale e vaccini allo scopo di dare un'immunit\\'e0 contro le infezioni del parodonto.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "protesi",
"Codice": "7242",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx2095\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PROTESI\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La protesi odonto-mascellare \\'e8 quella branca che si propone di sostituire parzialmente o totalmente parti mancanti o mutilate del sistema masticatorio, mediante adeguati sostituti protesici ai fini del ripristino morfologico, funzionale ed estetico.\r\n\\par Nella mitologia e nei testi antichi troviamo numerosissime citazioni che provano come la protesi dentaria sia sempre stata universalmente conosciuta e impiegata. In molte tombe etrusche ed egizie, nei resti rinvenuti, si trovano denti piombati con oro o altri metalli, e protesi rudimentali con denti di animali o umani legati con fili e placche d'oro ai denti naturali. Durante le campagne napoleoniche, il numero dei denti raccolti sul campo di battaglia era enorme ed esisteva un vero e proprio commercio di denti umani. E' nel 1728 che Fauchard descrive per la prima volta le applicazioni della porcellana nella protesi dentaria. Il merito di avere, nel 1808, pensato per primo a costruire denti in porcellana isolati spetta all'italiano Fonzi.\r\n\\par Da allora molti passi sono stati fatti in questo capo con risultati estetici e funzionali di alto livello.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx3139\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CORONE METALLICHE\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La carie pu\\'f2 provocare una distruzione estesa della corona e una diminuzione della funzione e della resistenza al trauma masticatorio. Agenti traumatici possono causare la frattura della corona di uno o pi\\'f9 denti, pur non menomando la stabilit\\'e0 della radice degli elementi colpiti. La sostituzione di denti mancanti viene effettuata ancorando gli apparecchi alla dentatura residua. Si presenta allora l'indicazione dell'applicazione di corone o capsule.\r\n\\par La pi\\'f9 semplice costruzione protesica \\'e8 rappresentata dalla sostituzione della corona dentaria, che pu\\'f2 essere limitata all'incappucciamento della corona dentaria (corona a cappuccio o capsula) oppure, nel corso della sua distruzione, pu\\'f2 essere estesa alla sua ricostruzione completa con ancoraggio nel canale radicolare per mezzo di un perno (corona a perno).\r\n\\par Le corone devono riprodurre fedelmente la forma del dente originale, in modo che le funzioni masticatoria, fonetica ed estetica vengano ripristinate. Possono essere eseguite con metalli nobili, con leghe degli stessi oppure con metalli vili. Nei casi in cui si presenta la necessit\\'e0 della restaurazione estetica dell'elemento dentario, possono essere impiegate la porcellana, la resina e anche corone di metallo rivestite totalmente o parzialmente con l'una o con l'altra. Negli ultimi anni, per\\'f2, si \\'e8 visto che l'applicazione di corone di metallo non nobile si \\'e8 molto limitata, essendosi dimostrate pi\\'f9 efficienti quelle d'oro o, meglio, di sue leghe.\r\n\\par Il dente, mediante un'opportuna molatura, viene ad assumere l'aspetto di un moncone di forma tronco-conica, separato dai denti vicini per consentire il passaggio della corona tra un dente e l'altro, e con la superficie triturante abbassata di quanto si prevede sia lo spessore della testa della corona. La preparazione del moncone pu\\'f2 essere perfezionata creando tutt'intorno allo stesso un gradino (spalla) sul quale si appoggia la corona, evitando cos\\'ec un affondamento del bordo della corona nella tasca gengivale\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\b .\r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Nella ricostruzione del dente mediante una corona protesica, si deve ripristinare il punto di contatto interdentario, eliminato nella preparazione del moncone, per evitare l'inserimento di residui alimentari e la formazione di carie o di processi di parodontosi.\r\n\\par La superficie triturante della corona singola deve essere di spessore sufficiente, perch\\'e9 l'usura non provochi fori, e modellata in modo da essere atta alla funzione masticatoria. Uno spessore eccessivo della testa della corona, invece, provoca un contatto precoce con i denti antagonisti e impedisce agli altri elementi dentari di entrare in articolazione normale. In tal modo, non solo la masticazione diventa squilibrata e difficile, ma lo stesso dente portatore della corona viene sottoposto a un carico eccessivo che, trasmesso al parodonto, provoca, inizialmente, una forma di periodontite e, successivamente, una parodontosi.\r\n\\par La corona dentaria protesica, se mal eseguita, pu\\'f2 essere causa di una serie di gravi disturbi. La forma e la disposizione delle cuspidi ottenute nella modellazione possono provocare spostamenti in senso sagittale o trasversale di tutto l'articolato e infine lo stesso peso della corona pu\\'f2 causare un carico sproporzionato sul legamento periodontale che, col tempo, pu\\'f2 provocare una periodontite.\r\n\\par D'altra parte, la preparazione del moncone deve essere eseguita con prudenza, per non provocare gravi danni al dente. Una molatura ad alta velocit\\'e0, per esempio, provoca un intenso riscaldamento del dente, con gravi danni della polpa che pu\\'f2 andare incontro a degenerazione o a necrosi.\r\n\\par Qualora l'esigenza di una preparazione speciale renda necessaria un'asportazione considerevole di materiale dentario, \\'e8 possibile l'insorgere di una spiccata sensibilit\\'e0 agli stimoli termici. In tal caso si deve applicare su moncone preparato una corona provvisoria, nella quale si potr\\'e0 mettere del cemento con medicamenti, per attenuare la sensibilit\\'e0 ed evitare una possibile infezione.\r\n\\par In molti casi \\'e8 necessaria la devitalizzazione del moncone per evitare la possibile necrosi del nervo in conseguenza di abbondante quantit\\'e0 di dente asportato con la limatura.\r\n\\par \\pard\\li53\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Esistono numerosi materiali per rilevare l'impronta del moncone dentario preparato. Mediante questi materiali si ottiene un modello negativo dell'elemento sia isolato sia unito agli altri denti esistenti nell'arcata dentaria. Nel modello negativo vengono immessi altri materiali allo stato fluido che successivamente induriscono. A questo punto viene eliminata la parte di materiale che costituisce il modello negativo e si ottiene il modello positivo, che riproduce perfettamente il moncone dentario preparato. Su questo viene costruita la corona protesica.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Secondo il procedimento di costruzione, avremo la corona stampata, in due tempi o fusa. La corona stampata si ottiene da un disco d'oro modellato con tecniche particolari sul modello del moncone.\r\n\\par La corona in due tempi viene cos\\'ec chiamata perch\\'e9 prima viene preparato un anello d'oro, adattato con precisione al modello, che viene provato sul moncone e opportunamente modificato secondo le esigenze. Si applica poi materiale plastico al posto della superficie triturante e, facendo serrare i denti al paziente, si ottiene la fedele immagine dell'articolazione. L'anello d'oro viene inviato in laboratorio e su di esso viene saldata la superficie triturante che \\'e8 stata fusa a parte.\r\n\\par La corona fusa si ottiene modellando in cera la corona sul modello del moncone e fondendola successivamente.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx4131\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CORONE A EFFETTO ESTETICO\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'espandersi del rapporto sociale e la grande importanza che questo assume nella vita dell'uomo moderno hanno avuto grande importanza nel determinare nell'odontoiatria un aspetto oltre che curativo anche estetico.\r\n\\par Pertanto il paziente che richiede cure dentarie non desidera solamente essere sollevato dal dolore, ma chiede che al termine della cura il suo aspetto risulti o immutato o migliorato.\r\n\\par Il problema dell'esigenza protesica a carattere estetico quindi si pone per vari motivi. Uno o pi\\'f9 denti sono talmente danneggiati da un processo carioso, che una ricostruzione con materiale da otturazione sarebbe tanto visibile da essere sgradevole o comunque rifiutata dal paziente. Pu\\'f2 accadere inoltre che alcuni elementi dentari abbiano malformazioni congenite tali da alterare l'aspetto dell'individuo (microdonzia, lue ereditaria, amelogenesi imperfetta ecc.). Talora l'assenza di elementi dentari richiede che i denti vicini debbano essere impiegati come pilastri per l'applicazione delle protesi. Quando si prospetta una di queste eventualit\\'e0 e gli elementi dentari interessati sono i premolari, i canini o gli incisivi, uno o pi\\'f9 elementi di metallo rendono visibile il restauro protesico. In questo caso il paziente chiede all'odontoiatra che la protesi sia il pi\\'f9 possibile nascosta o mascherata.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Attualmente la tecnica odontoiatrica ha a disposizione alcuni prodotti studiati proprio allo scopo di migliorare l'aspetto della protesi.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'elemento pi\\'f9 semplice nel campo della protesi \\'e8 la corona o capsula. La corona pu\\'f2 essere metallica e perci\\'f2 visibile, oppure pu\\'f2 essere fatta in modo da essere estremamente somigliante, per forma e colore, al dente originale e a quelli vicini.\r\n\\par Le corone a effetto estetico possono essere di resina, di porcellana, miste d'oro e resina oppure d'oro e porcellana. In taluni casi la corona dentaria deve essere completamente asportata e allora viene applicato alla radice un dente a perno.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CORONE DI RESINA. Le corone di resina e di porcellana raggiungono effetti estetici di alto livello. Le corone di resina hanno, per\\'f2, il difetto di essere soggette all'usura della masticazione e di subire alterazioni nel colore, a causa anche della porosit\\'e0 della resina, per cui talvolta, dopo un certo tempo, potr\\'e0 rendersi necessaria la sostituzione dell'elemento.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Poich\\'e9 talora la polpa del dente preparato per l'applicazione della corona di resina va incontro a un processo di necrosi con la formazione, dopo un certo tempo, di ascessi dentari o di granulomi radicolari, \\'e8 ancora discusso se sia necessario devitalizzare il dente facendo una cura dei canali radicolari prima di applicare la corona di resina.\r\n\\par Il processo per cui la polpa dentaria si necrotizza non \\'e8 ben chiaro, perch\\'e9 le cause possono essere varie. Infatti la preparazione del moncone effettuata con trapani ad alta velocit\\'e0, senza un adeguato raffreddamento, pu\\'f2 provocare, nella polpa dentaria, alterazioni irreversibili che causano la necrosi della stessa. La corona di resina \\'e8 notevolmente trasparente ed \\'e8 anche soggetta a usura, per cui bisogna asportare una notevole quantit\\'e0 di materiale dentario, perch\\'e9 la corona possa avere uno spessore tale da eliminare gli inconvenienti della rapida usura e del cambiamento di colore. L'abbondante molatura fa si che i tubuli della dentina vengano messi in superficie: si ha cos\\'ec la possibilit\\'e0 dell'inserimento di germi nel lume canalare con successiva infezione pulpare.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per la facilit\\'e0 di lavorazione e per la pi\\'f9 semplice preparazione del dente richiesta per tale tipo di protesi, le corone di resina risultano abbastanza economiche.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CORONE DI PORCELLANA. La corona di porcellana \\'e8 certamente quanto di meglio si possa offrire esteticamente al paziente. Essa esige un laboratorio con attrezzatura specializzata e con personale qualificato per quanto riguarda la fase di costruzione; per la sua struttura vetrosa \\'e8 molto dura, ma estremamente fragile. La preparazione del moncone dentario deve essere perfetta e rispondere a determinati requisiti. Rispetto alla resina, la porcellana ha il vantaggio di essere meno soggetta a usura e di non subire cambiamenti di colore. inoltre, se il moncone dentario \\'e8 preparato con le opportune cautele, \\'e8 raro che la polpa sia soggetta a fatti necrotici, anche perch\\'e9 \\'e8 sufficiente asportare una minor quantit\\'e0 di materiale dentario, potendo essere la corona di porcellana pi\\'f9 sottile di quella di resina.\r\n\\par L'estrema fragilit\\'e0 della porcellana richiede tassativamente che il moncone dentario sia perfettamente liscio e che alla sua base, appena sotto il bordo gengivale, venga preparato un gradino tutto intorno al dente (spalla), su cui dovr\\'e0 appoggiarsi il bordo della corona pi\\'f9 costoso di quello di resina. Inoltre la fragilit\\'e0 di queste protesi ne limita l'applicazione generalmente ai denti anteriori, sui quali la masticazione agisce in modo ridotto.\r\n\\par \r\n\\par CORONE MISTE. La protezione di uno o pi\\'f9 denti molari o premolari \\'e8 preferibilmente effettuata con corone miste: d'oro e resina o d'oro e porcellana. Queste corone fuse in oro vengono ricoperte, nella parte visibile, con resina o porcellana. La superficie triturante e le parti non visibili nella fonazione, nella masticazione o nel sorriso sono di metallo lucidato.\r\n\\par Esse possono essere usate come elemento singolo per la protezione di elementi dentari molto distrutti oppure come elementi di ponte su denti pilastro che, per la loro posizione, divengono visibili.\r\n\\par La corona d'oro e porcellana sfrutta un procedimento chimico che consente di fabbricare porcellane a basso punto di fusione che vengono applicate su un tipo speciale d'oro col quale, durante la \"cottura\", formano un legame chimico di considerevole entit\\'e0. In tal caso, per\\'f2, la porcellana mantiene la sua caratteristica fragilit\\'e0, per cui queste protesi non posso servire per ponti lunghi o su denti pilastro (cio\\'e8 i denti sui quali si appoggia la protesi) leggermente mobili, pena la rottura della porcellana che assicura la funzione estetica della protesi. La preparazione del dente con una spalla accuratamente eseguita assicura anche in questo caso migliore legame e una maggiore stabilit\\'e0 della corona al moncone.\r\n\\par La corona di metallo e resina pu\\'f2 essere costruita anche con metalli non nobili, ma i risultati estetici sono di rado soddisfacenti.\r\n\\par \r\n\\par DENTI A PERNO\r\n\\par \r\n\\par Talora, per esigenze protesiche, \\'e8 necessario asportare l'intera corona del dente e applicare protesi alla radice; in questi casi la protesi usata \\'e8 il dente a perno. Il pi\\'f9 comunemente usato \\'e8 la corona Richmond.\r\n\\par Qualunque sia il tipo di dente a perno scelto per la protesi, l'elemento pi\\'f9 importante per la buona riuscita della stessa \\'e8 la perfetta cura del canale radicolare. Esso deve essere ripulito, sterilizzato ed ermeticamente otturato nella porzione dell'apice radicolare.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Una porzione del lume canalare viene aperta e allargata, la superficie buccale della radice viene accuratamente spianata e ridotta nella sua circonferenza, soprattutto nella porzione vestibolare. Questa zona \\'e8 sempre il punto critico della protesi perch\\'e9 in essa confluiscono gli spessori del metallo e dei materiali a effetto estetico.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Mediante una tecnica opportuna, si rileva una impronta fedele della radice e del suo canale. Sull'impronta viene costruito, mediante fusione, un perno che possiede la forma perfetta del lume canalare.\r\n\\par A una certa altezza del perno esiste un cappuccio che riproduce il perimetro e la superficie buccale della radice. Un manufatto di questo tipo si inserisce alla perfezione nel lume canalare e, con il cappuccio, abbraccia e protegge il moncone radicolare.\r\n\\par Sul cappuccio metallico, con varie tecniche, si applicano la resina o la porcellana opportunamente modellate e si ottiene in tal modo il dente a perno.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx2306\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PROTESI MOBILI\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Viene applicata una protesi mobile quando il numero e la disposizione dei denti mancanti non consentono l'applicazione di apparecchi fissi.\r\n\\par In questo tipo di protesi la base di appoggio \\'e8 costituita dalle ossa mascellari. I denti, quando ancora esistono, servono per lo pi\\'f9 ad ancorarla e non sostengono il carico di masticazione di pi\\'f9 denti, come si verifica per la protesi fissa.\r\n\\par La protesi mobile pu\\'f2 essere \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i completa o parziale, a placca o scheletrata. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Generalmente si intende per completa la protesi che sostituisce i denti di un mascellare; qualora sia necessario sostituire i denti sia al mascellare superiore sia a quello inferiore, si parla di protesi \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i totale.\r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1 La protesi mobile parziale viene applicata quando il numero di denti residui per ciascuna arcata non consente l'applicazione di protesi fissa, se non pregiudicando la stabilit\\'e0 dei denti pilastro e le condizioni igieniche della protesi. Tali condizioni possono verificarsi per l'applicazione di ponti troppo estesi o con pilastri non ben disposti.\r\n\\par In questi casi si pu\\'f2 adottare la protesi parziale a placca, che consiste in una base di resina o metallo, alla quale vengono applicati i denti da sostituire.\r\n\\par Fino alla prima met\\'e0 dell'Ottocento la protesi dentaria completa era estremamente rudimentale e il meglio che si potesse desiderare era costituito da frammenti di avorio scolpito con forme e volumi approssimativi.\r\n\\par Un notevole passo avanti venne compiuto con la scoperta della \"vulcanite\" e dei denti di porcellana. La vulcanite aveva la caratteristica di adattarsi, allo stato fluido, a stampi preformati e soprattutto non subiva alterazioni, se non dopo lunghissima permanenza nel cavo orale. L'applicazione dei denti alle basi di vulcanite signific\\'f2 la costruzione della prima protesi moderna.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La stabilit\\'e0 della protesi completa sia durante la masticazione e la fonazione \\'e8 l'elemento pi\\'f9 importante per giudicare se essa \\'e8 stata bene eseguita o meno.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Tra i vari elementi che concorrono a dare stabilit\\'e0 alla protesi i pi\\'f9 importanti sono la perfetta riproduzione della base d'appoggio e una accurata scelta nella forma e nell'applicazione dei denti.\r\n\\par I moderni apparecchi di resina sono molto leggeri e possono assumere la forma degli stampi e le colorazioni pi\\'f9 simili alla mucosa: la precisione della riproduzione, anche nei pi\\'f9 minuti particolari, \\'e8 alla base della stabilit\\'e0 degli apparecchi che, pur essendo fragili, sono molto duri e anche in caso di rottura sono facilmente riparabili.\r\n\\par La protesi viene costruita su modelli che riproducono fedelmente le condizioni anatomiche delle ossa mascellari ricoperte dalla mucosa. In passato si comprimeva su queste parti la cera d'api ammorbidita. Da questa tecnica molto approssimativa,. attraverso un travaglio continuo di esperienze e di prove con nuovi materiali, si \\'e8 giunti oggi ad avere a disposizione materiali che riproducono anche i dettagli pi\\'f9 minuti delle superfici che costituiscono l'appoggio della protesi.\r\n\\par Quando il materiale per la costruzione della protesi e quello per rilevare le impronte non consentivano di dare alla protesi una sufficiente stabilit\\'e0, si adottavano diversi artifici per impedire che durante la masticazione o la fonazione, o in seguito a colpi di tosse o altro, la protesi divenisse mobile o addirittura uscisse dalla bocca. A tal fine venivano applicate, sulla superficie verso il palato, ventose di gomma dette anche suzioni. Per la protesi inferiore si appesantiva l'apparecchio mediante oro o altri metalli, sicch\\'e9 il peso impediva che i movimenti della lingua e delle guance mobilizzassero la protesi.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La stabilit\\'e0 della protesi moderna \\'e8 assicurata dall'assoluta precisione con la quale essa aderisce alla superficie di appoggio. Questa precisione consente, con una modesta pressione, di fare uscire l'aria dallo spazio tra protesi e mucosa. Tra questi due elementi si determina una pressione negativa che, facilitata dal flusso salivare, d\\'e0 una adesione simile a quella delle ventose di gomma inumidite, In taluni casi, soprattutto quando il processo di riassorbimento delle creste alveolari \\'e8 stato molto intenso, pu\\'f2 essere utile l'applicazione sulla superficie della protesi di polveri adesive.\r\n\\par \\pard\\tx223\\plain\\f2\\fs20\\cf1 E' opportuno ricordare che non sono sufficienti un buon prodotto di laboratorio e un'ottima impronta per avere una protesi funzionale. il cavo orale pu\\'f2 presentare numerose anomalie di carattere anatomico o fisiologico, che intervengono con vari fattori nel pregiudicare la realizzazione della protesi efficiente. L'esistenza di processi fibrosi sulle creste alveolari, frenuli molto corti, ossa alveolari irregolari, troppa saliva o l'assenza della stessa sono elementi che possono alterare la stabilit\\'e0 e la funzionalit\\'e0 dell'apparecchio. Un apparecchio mal fatto non solo pu\\'f2 essere inutile, ma anche molto dannoso. Infatti, un'articolazione dentaria non ben realizzata pu\\'f2 alterare l'articolazione temporo-mandibolare o provocare riassorbimenti ossei. Quando i bordi della protesi sono traumatizzanti, possono formarsi piaghe da decubito che possono trasformarsi in processi neoplastici. Un cenno merita un artificio protesico che ha avuto un momento di grande attenzione, ma di breve durata. Per migliorare la stabilit\\'e0 degli apparecchi nella protesi totale sono stati introdotti, negli apparecchi, dei piccoli magneti a cariche di segno contrario . Tali magneti, messi in opposizione sia nell'apparecchio superiore sia in quello inferiore, si respingono, attuando un'adesione alle rispettive superfici di appoggio degli apparecchi. Questa metodica, per\\'f2, \\'e8 stata abbandonata, perch\\'e9 lo spostamento in avanti o all'indietro di uno dei due apparecchi provocava una modifica della posizione dei magneti, che turbava gravemente l'equilibrio previsto.\r\n\\par \\pard\\tx0\\tx441\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Di grande importanza per le esigenze attuali dei pazienti \\'e8 la \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i protesi immediata. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Con questa metodica si applica al paziente la protesi subito dopo aver effettuato le estrazioni dentarie. Essa ha un carattere provvisorio, perch\\'e9 rapidamente le zone alveolari si modificano ed \\'e8 necessario periodicamente adattare (ribasare) la protesi fino a guarigione completa. A tal punto viene fatta una protesi a carattere definitivo. La protesi immediata consente al paziente di non rimanere senza denti e di poter attendere ai suoi rapporti di carattere sociale e di lavoro. Inoltre la protesi esercita una funzione di protezione dell'osso alveolare, riducendone e ritardandone il riassorbimento.\r\n\\par La \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i protesi scheletrata \\plain\\f2\\fs20\\cf1 \\'e8 una tra le ultime realizzazioni. Essa applica procedimenti di microfusione di leghe d'oro e di leghe di cromo-cobalto-molibdeno. E' costituita da uno scheletro di questi metalli che viene assicurato alla dentatura residua mediante ganci o artifici vari a incastro, che vengono chiamati \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i attacchi. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Allo scheletro metallico vengono applicati i denti artificiali.\r\n\\par Una buona funzione di questo tipo di protesi \\'e8 assicurata da una perfetta stabilit\\'e0 dei denti pilastro, cui vengono applicati i ganci. Altra condizione \\'e8 che il numero degli elementi artificiali non sia elevato e che la posizione di quelli residui determini una ben equilibrata divisione delle forze di carico.\r\n\\par La riluttanza da parte di alcuni pazienti a far preparare i denti pilastro con molature effettuate con il trapano pu\\'f2 essere un'indicazione per applicare protesi scheletrate anche con pochi denti artificiali. Infatti, in tal caso, la ritenzione \\'e8 affidata a ganci che abbracciano il dente, sfruttando la forma dello stesso e l'elasticit\\'e0 del metallo.\r\n\\par In altri casi, quando \\'e8 necessario applicare una protesi scheletrata e il paziente non gradisce l'applicazione della protesi con il gancio, si pu\\'f2 ricorrere agli attacchi di precisione. In questo caso \\'e8 necessario preparare il dente per applicare allo stesso una corona a effetto estetico. L'attacco \\'e8 costituito da un incastro, una parte del quale viene fissato alla protesi e un'altra alla corona, in modo che l'ancoraggio diventa invisibile.\r\n\\par Una protesi scheletrata portatrice di denti in estensione posteriore e anteriore pu\\'f2 provocare la mobilit\\'e0 dei pilastri: in tal caso il carico pu\\'f2 essere limitato dall'applicazione di ammortizzatori, che consentono una certa mobilit\\'e0 all'apparecchio, scaricando il dente di una parte del trauma di masticazione.\r\n\\par \\pard\\tx230\\tx441\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx0\\tx3547\\plain\\f2\\fs20\\cf1 PROTESI PARZIALI FISSE\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx0\\tx230\\tx441\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Sono dette anche \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i ponti \\plain\\f2\\fs20\\cf1 e hanno il compito di sostituire uno o pi\\'f9 denti mancanti, per ripristinare le funzioni masticatoria ed estetica delle arcate, e hanno anche l'importante scopo di impedire la migrazione dei denti antagonisti.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La forma dell'arcata viene mantenuta tale dal contatto reciproco laterale dei denti. Venendo a mancare uno o pi\\'f9 elementi dentari, avviene la migrazione dei denti, per cui la pressione che si verifica durante la masticazione, o carico masticatorio, non viene pi\\'f9 esercitata sui denti in senso sagittale, cio\\'e8 lungo l'asse del dente stesso, ma il carico viene a essere portato sul dente in senso pi\\'f9 o meno trasversale. Pertanto i vuoti lasciati dai denti, che sono stati estratti perch\\'e9 distrutti dalla carie, devono essere colmati da una protesi parziale fissa o ponte.\r\n\\par La caratteristica pi\\'f9 importante dei ponti \\'e8 la loro fissit\\'e0, cio\\'e8 l'impossibilit\\'e0 della loro rimozione, essendo essi fissati ai denti per mezzo di cementi, per cui si crea un legame pi\\'f9 o meno indissolubile tra la protesi e i denti pilastro, cio\\'e8 i denti sui quali si appoggia la protesi stessa.\r\n\\par \\pard\\tx210\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il mezzo col quale il ponte si applica al dente pilastro si chiama \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i ancoraggio. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Questo pu\\'f2 essere un intarsio, una mezza corona, una corona a tre quarti, una corona con perno oppure una corona totale. I denti artificiali che vengono applicati in sostituzione di denti mancanti si chiamano \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i elementi di ponte.\r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1 Pur essendo lo scopo principale del ponte puramente fisiologico, cio\\'e8 di sostituzione di elementi necessari per la masticazione, non bisogna dimenticare che il ponte fisso deve adempiere a precise esigenze biologiche, quindi la sua esecuzione deve tener conto delle esigenze biologiche delle strutture sulle quali viene applicato.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Un fattore molto importante da tenere presente nella costruzione di un ponte fisso \\'e8 il carico di masticazione. Evidentemente, nell'applicare denti artificiali per mezzo di una protesi fissa ancorandoli a denti naturali, carichiamo questi denti pilastro di un carico masticatorio superiore alla norma. Il dentista far\\'e0 in modo che questo carico di masticazione sia distribuito nel miglior modo, per poter essere sopportato dai denti pilastro il meglio possibile.\r\n\\par Un secondo elemento, non meno importante, consiste nella forma della protesi fissa e specialmente degli ancoraggi, che devono essere costruiti in modo che il cibo non vada a urtare contro la gengiva, traumatizzandola, ma venga allontanato dalla gengiva stessa. Molto importante \\'e8 quindi, nella costruzione di un ponte, la forma delle corone e degli elementi di ponte, che deve essere arrotondata.\r\n\\par Un terzo elemento importante, sempre per le esigenze del tessuto di sostegno o parodonto, \\'e8 la perfetta aderenza delle corone o degli ancoraggi in genere ai denti pilastro. Una non perfetta aderenza favorirebbe non solo la ritenzione di cibo, che potrebbe causare un danno alla gengiva, ma causerebbe anche un'irritazione della gengiva stessa da parte dei bordi della corona, sporgenti oltre il dente pilastro.\r\n\\par \\pard\\tx210\\plain\\f2\\fs20\\cf1 I materiali pi\\'f9 comunemente usati per la costruzione di ponti fissi sono: l'oro, il platino, la porcellana e le resine sintetiche. L'acciaio \\'e8 il metallo pi\\'f9 economico ed \\'e8 quasi del tutto abbandonato.\r\n\\par Questo metallo ha colore e consistenza molto simili a quelli del platino, del quale per\\'f2 non ha la caratteristica della facilit\\'e0 di fusione, che ne permette l'impiego nella costruzione di manufatti di alta precisione, quali dovrebbero essere le protesi fisse. Per queste esigenze vengono brillantemente impiegati l'oro e il platino, che concorrono per la maggior parte alla composizione di leghe speciali per odontoiatria. Le leghe d'oro platinato assommano alla eccezionale robustezza una buona resistenza alla abrasione e infine la possibilit\\'e0 di essere fuse in spessori molto limitati e con definizione di particolari tali da permettere un perfetto adattamento della protesi fissa ai denti pilastro. I ponti metallici sono quindi di notevole robustezza e durata, ma mancano naturalmente di quei pregi estetici, che ne limitano l'uso a protesi fisse inferiori e posteriori.\r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Quando la sostituzione di uno o pi\\'f9.elementi dentari interessa una zona ben visibile delle arcate, si ricorre ai materiali che possono imitare la lucentezza e il colore dei denti.\r\n\\par Fino a pochi decenni fa l'unico materiale a disposizione del dentista per rendere estetica una protesi fissa era la porcellana. Essa viene usata per ponti di particolari caratteristiche estetiche e viene applicata per mezzo di piccoli perni d'oro platinato e cemento alle travate metalliche, oppure pu\\'f2 addirittura essere cotta sulla travata stessa. La porcellana ha per\\'f2 il grave difetto, oltre a quello di essere di difficile lavorazione, di essere molto fragile, per cui il suo impiego \\'e8 limitato.\r\n\\par \\pard\\tx210\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Grande diffusione hanno invece avuto le resine, materiale di origine sintetica, che ben sostituisce la porcellana, con il vantaggio di resistere maggiormente ai carichi masticatori. Le resine vengono normalmente cotte sulle fusioni in oro, in modo da dare alle protesi fisse anche tutte le caratteristiche estetiche richieste.\r\n\\par Quando i denti pilastro, per precedenti fatti patologici, non danno tutte le garanzie richieste per una buona durata, si pu\\'f2 ricorrere ai ponti fissi, rimovibili dal dentista. Per ottenere questo risultato \\'e8 necessario applicare sui denti pilastro cappe metalliche, sulle quali verr\\'e0 fissato il ponte mediante viti o altri sistemi di ancoraggio. In questo modo il dentista pu\\'f2 in ogni momento intervenire sulla protesi fissa, staccarla dai denti pilastro ed eseguire tutte le manovre terapeutiche dettate dal caso.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx206\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Controindicazione assoluta alla progettazione di un ponte fisso \\'e8 data dalla eccessiva ampiezza dello spazio edentulo o dalla mancanza di un numero sufficiente di pilastri. Altra controindicazione all'applicazione di un ponte fisso \\'e8 rappresentata dall'et\\'e0 del paziente; ci\\'f2 vale soprattutto per individui in giovane et\\'e0, per i quali ci si dovr\\'e0 astenere dalla progettazione di protesi mediante ponti fissi, per lo sviluppo non ancora completato, per l'eruzione dei denti talvolta non ancora ultimata, per l'ampiezza della camera pulpare (sussistendo il pericolo di ledere la vitalit\\'e0 della polpa con le manovre di preparazione dei monconi). In casi del genere, quando ci si trovi nella situazione di dover intervenire protesicamente, sar\\'e0 preferibile applicare protesi di tipo rimovibile a carattere provvisorio e intervenire definitivamente dopo i 18-20 anni, quando lo sviluppo del paziente sar\\'e0 completamente ultimato.\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs16\\cf1\\b \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "trapianti e reimp",
"Codice": "7751",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 TRAPIANTI E REIMPIANTI\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il trapianto di tessuti e di organi \\'e8 stato trattato in ogni epoca e ora si cerca di eseguirlo sempre pi\\'f9 nelle varie branche della chirurgia.\r\n\\par In particolare, il \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i trapianto dei denti \\plain\\f2\\fs20\\cf1 \\'e8 senz'altro storicamente il pi\\'f9 antico dei trapianti. Nella storia della chirurgia si hanno notizie di trapianti praticati dagli antichi Egizi, dagli Etruschi, dai Greci e dai Romani. In America, in una piramide azteca, \\'e8 stato ritrovato un cranio risalente al periodo precolombiano con un dente trapiantato.\r\n\\par Nel 1786, Pierre Fauchard, recensendo l'opera di Ambrogio Par\\'e9, il celebre chirurgo parigino del XVI secolo, ricordava i reimpianti da lui eseguiti e concludeva attribuendo al pioniere risultati positivi. Lo stesso Fauchard, nella sua opera, insisteva nell'affermare che, se un dente ancora in buone condizioni era stato estratto accidentalmente, doveva essere reimpiantato immediatamente nel suo alveolo. Verso la fine del XVIII secolo alcuni chirurghi praticavano di proposito estrazioni dentarie di elementi che avevano causato ascessi e li reimpiantavano poi nella loro sede.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La recente storia della Medicina \\'e8 sempre pi\\'f9 ricca di reimpianti dentari, e i risultati positivi sono sempre pi\\'f9 numerosi per il miglior controllo dei processi infettivi e per i progressi tecnici della chirurgia moderna.\r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per meglio inquadrare il problema del trapianto dentario, \\'e8 necessario distinguere con precisione i tipi di intervento, il cui scopo consiste nel riporre un elemento dentario in\\plain\\f2\\fs20\\cf1\\b \\plain\\f2\\fs20\\cf1 un alveolo preesistente o appositamente costituito. E' necessario quindi provvedere a una definizione terminologica, affinch\\'e9 ogni manovra abbia un suo chiaro significato.\r\n\\par Indichiamo, perci\\'f2, con il termine di reimpianto la riposizione di un dente nel suo stesso alveolo, per qualsiasi motivo ne sia stato allontanato; trapianto la riposizione di un dente proveniente da un'altra sede e pi\\'f9 precisamente: autotrapianto se proviene dallo stesso individuo, omotrapianto se da un individuo della stessa specie, eterotrapianto se da un individuo di specie diversa.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 E' definito riposizione chirurgica, infine, il trapianto di elementi disposti in modo errato, oppure non erotti.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 REIMPIANTO\r\n\\par \\pard\\tx1862\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Il reimpianto \\'e8 l'operazione pi\\'f9 comune e pu\\'f2 essere effettuato qualora un dente debba esser estratto perch\\'e9 ostacola, per esempio, l'estrazione di un dente incluso; quindi la rimozione di un secondo elemento facilita l'intervento operatorio. Portato a termine felicemente l'intervento, si pu\\'f2 effettuare il reimpianto dell'elemento che ostacolava la rimozione del primo dente.\r\n\\par Bisogna osservare che, nell'atto dell'estrazione di un dente, si viene a interrompere il fascio vascolo-nervoso, che \\'e8 il congiungimento del dente con l'organismo, cio\\'e8 si viene a staccare il dente dall'organismo stesso, privandolo dell'apporto nutritizio e delle connessioni nervose con il resto dell'organismo. Quindi, reimpiantando un dente precedentemente estratto, bisogna asportare completamente la polpa o nervo e otturare i canali. In questo modo si reimpianta un elemento devitalizzato che per\\'f2 ha tutte le possibilit\\'e0, se l'intervento viene eseguito con una scrupolosa asepsi, di poter di nuovo saldarsi nel suo alveolo.\r\n\\par La condizione pi\\'f9 importante perch\\'e9 avvenga la saldatura tra dente e alveolo \\'e8 che il dente stesso venga immobilizzato nella sua posizione e mantenuto tale, almeno per 4 settimane circa, per mezzo di una legatura, con filo di seta o di metallo, oppure con l'applicazione di una ferula di immobilizzazione sia metallica sia di resina acrilica.\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx1742\\plain\\f2\\fs20\\cf1 TRAPIANTO\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 La carie attacca con altissima frequenza i primi molari, specialmente inferiori, per cui si trovano spesso pazienti con i primi molari completamente distrutti da processi cariosi. Qualora questi processi cariosi abbiano causato una penetrazione in profondit\\'e0 di agenti infettivi e quindi lo svilupparsi di una periodontite cronica, risulta necessaria l'estrazione del dente.\r\n\\par Trattandosi di pazienti giovani, dai 18 ai 20 anni circa, si pu\\'f2 trovare il germe del terzo molare, o dente del giudizio, non ancora crotto e con solo un terzo di radice gi\\'e0 formato. In questo caso, se non viene preparata immediatamente una protesi che sostituisca l'elemento mancante, si avr\\'e0 per la forza di eruzione del terzo molare, uno spostamento verso l'avanti con una forte inclinazione del secondo molare, che tender\\'e0 a occupare lo spazio lasciato vuoto dal dente estratto. Si avr\\'e0 quindi una disarmonia nella occlusione, con grave danno per la masticazione. In questi casi, pu\\'f2 essere utile estrarre il germe del terzo molare non ancora erotto e trapiantarlo nell'alveolo del primo molare estratto. Usando questa metodica, non \\'e8 necessario devitalizzare il dente trapiantato, perch\\'e9 le radici non sono ancora del tutto formate, quindi i loro apici sono ancora completamente aperti. E' facile quindi che si venga a formare un'anastomosi artero-venosa, cio\\'e8 del tronco arterioso e del tronco venoso, e quindi un riallacciamento dell'organo dentario all'organismo. Se ci\\'f2 non avviene e se il trapianto viene effettuato in modo completamente asettico, si pu\\'f2 assistere a una trasformazione della polpa dentaria in un tessuto duro che riempie completamente la cavit\\'e0 pulpare. Avviene quindi, praticamente, una devitalizzazione dell'elemento trapiantato, senza che intervengano fatti settici, che possono causare periodontiti e osteiti periapicali.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par \\pard\\tx3470\\plain\\f2\\fs20\\cf1 RIPOSIZIONE CHIRURGICA DEGLI ELEMENTI DENTARI\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 E' il trapianto di elementi erotti in malposizione, oppure non erotti, e che quindi sono rimasti inclusi.\r\n\\par E facile che, per la mancata eruzione di un dente, specialmente del canino, non avvenga il riassorbimento della radice del dente deciduo corrispondente, che in tal caso rimane in sede. Si pu\\'f2, quindi, osservare in piccoli pazienti o anche in adulti, la presenza di canini decidui e di canini permanenti inclusi nell'osso; \\'e8 possibile effettuare l'estrazione del canino incluso, la sua devitalizzazione e otturazione canalare, l'estrazione del canino deciduo e la riposizione del canino incluso estratto al posto del canino deciduo.\r\n\\par \\pard\\tx211\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Concludendo, possiamo affermare che il trapianto di denti, come d'altra parte il trapianto di altri organi, \\'e8 un processo che va man mano sempre pi\\'f9 affinandosi e migliorando tecnicamente e che quindi oggi \\'e8, se non alla portata di tutti, abbastanza facilmente applicato.\r\n\\par \\pard\\tx202\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Quindi \\'e8 una via aperta dalla medicina per il ripristino, con i migliori risultati, di alcune funzioni, in questo caso la funzione masticatoria, sfruttando gli elementi stessi forniti dalla natura.\r\n\\par Mediante queste pratiche possiamo salvare elementi dentari che verranno utili per protesi fisse evitando al paziente il fastidio di protesi mobili.\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "chir prostata",
"Codice": "712",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx6862\\plain\\f2\\fs20\\cf1 CHIRURGIA DELLA PROSTATA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Sono descritte sia le tecniche chirurgiche che prevedono un'incisione cutanea e la successiva asportazione della prostata in toto sia le tecniche endoscopiche. In genere, per le prostate molto sviluppate si preferisce l'intervento chirurgico classico. Dopo questo intervento non \\'e8 pi\\'f9 possibile avere figli (i dotti deferenti sono quasi sempre sezionati allo scopo di evitare orchiti, cio\\'e8 infiammazioni acute dei testicoli), mentre \\'e8 sicuramente e comunque mantenuta la capacit\\'e0 di avere rapporti sessuali, non essendo prevista la sezione dei nervi pudendi.\r\n\\par \r\n\\par VIA ANTERIORE TRANSVESCICALE. E' forse la tecnica pi\\'f9 usata; il taglio in genere \\'e8 ombelico-pubico; dopo l'apertura della vescica, si arriva alla prostata, che viene enucleata dopo che \\'e8 stata praticata un'incisione con elettrobisturi sul contorno del collo vescicale. Tale enucleazione viene eseguita sfruttando il piano di clivaggio lungo la capsula e sezionando da ultimo l'uretra; il contorno viene poi suturato con alcuni punti staccati di materiale riassorbibile, stando bene attenti a risparmiare gli sbocchi papillari degli ureteri in vescica. Si pone sempre un catetere di Foley a tre vie (un canale di entrata del liquido di lavaggio, uno di uscita, e un terzo di riempimento del palloncino che viene gonfiato nella loggia prostatica a scopo emostatico, da 10 a 60 cc, secondo la grossezza della prostata asportata); tale catetere viene lasciato circa una settimana, durante la quale il palloncino viene progressivamente sgonfiato, e infine viene tolto per permettere al paziente la minzione spontanea.\r\n\\par \r\n\\par VIA RETROPUBICA. Con questa tecnica si accede direttamente alla loggia prostatica senza necessit\\'e0 di apertura della vescica; \\'e8 un intervento di meno agevole esecuzione rispetto al precedente e che se da un lato offre il vantaggio della non apertura della vescica, dall'altro qualche volta non permette una prostatectomia completa, specie nei casi di notevole sviluppo del lobo medio endovescicale. La prostata viene enucleata dopo incisione della capsula, previa accurata emostasi: si tratta infatti di una zona molto vascolarizzata; anche in questo caso \\'e8 previsto il posizionamento di un catetere endovescicale, per qualche giorno, soprattutto per lavaggio.\r\n\\par \r\n\\par PROSTATECTOMIA ENDOSCOPICA. Presuppone l'introduzione di un cistoscopio operatore in vescica, alla sommit\\'e0 del quale si trova una piccola ansa metallica manovrabile dall'esterno; attraverso successivi movimenti della stessa si procede all'asportazione progressiva della prostata, potendo controllare direttamente gli eventuali sanguinamenti che vanno cauterizzati immediatamente (l'ansa \\'e8 collegata a un elettrobisturi esterno che permette sia il taglio sia la coagulazione). Tale tecnica prevede un sistema di lavaggio continuo della cavit\\'e0 vescicale che ha il duplice scopo di mantenere limpida la visione e di permettere, mediante il sistema di scarico, l'espulsione dei frammenti prostatici a mano a mano che si procede al taglio della prostata stessa. Il lavaggio deve essere effettuato a bassa pressione (per evitare sovraddistensioni oltre che possibili emboli): l'ingresso del liquido di lavaggio avviene mediante una sonda sovrapubica (il cui corretto posizionamento pu\\'f2 essere controllato con il cistoscopio), lo scarico invece \\'e8 effettuato dal cistoscopio stesso. Questa tecnica, non presupponendo l'apertura della vescica (il foro di entrata della sonda \\'e8 minimo), consente la dimissione del paziente entro pochissimi giorni, non necessitando del catetere che per uno o due giorni. Per contro \\'e8 un intervento non altrettanto radicale e pu\\'f2 necessitare, dopo pochi anni, di ulteriori asportazioni.\r\n\\par \r\n\\par PROSTATHERM. Un brevissimo accenno a questa ultimissima tecnica per il trattamento della ipertrofia prostatica: consiste nell'introduzione per via rettale di una sonda che si pone in contiguit\\'e0 con la prostata e che viene portata a una temperatura di circa 40\\'b0C. La sonda viene lasciata in situ. per circa mezz'ora e tale trattamento \\'e8 ripetuto per circa 10-15 volte nell'arco di un paio di mesi. I primi risultati, ancora del tutto sperimentali, parlano di una notevole riduzione della massa prostatica, con conseguente netto miglioramento della minzione.\r\n\\par \\pard\\tx961\\tx1466\\plain\\f2\\fs20\\cf1 \r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "chir tumore renale",
"Codice": "7941",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\tx7698\\plain\\f2\\fs20\\cf1 TUMORE RENALE: LA CHIRURGIA\r\n\\par \r\n\\par \\pard\\tx428\\tx3885\\plain\\f2\\fs20\\cf1 NEi vecchi trattati di terapia, la chirurgia oncologica del rene si riassumeva nel capitolo \"nefrectomia (asportazione) per tumore\". Oggi \\'e8 pi\\'f9 corretto parlare sia di una terapia chirurgica ancora pi\\'f9 allargata (sono state proposte vie di accesso diversificate che permettono estese demolizioni anche e soprattutto di linfonodi molto lontani, ma sede di sospette metastasi) sia di una terapia chirurgica conservativa in caso di rene unico o di tumore renale bilaterale (in questo caso si esegue l'enucleazione del tumore oppure le nefrectomia parziale). Ogni scelta chirurgica deve comunque tenere conto di vari fattori, in parte legati al tumore e alla sua estensione (considerando la presenza di metastasi), in parte legati alla \"filosofia personale\" del chirurgo (a scelta di una tecnica chirurgica piuttosto di un'altra pu\\'f2 anche dipendere da una maggiore consuetudine ed esperienza).\r\n\\par \\pard\\tx4125\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Tutto ci\\'f2 fermo restando che in una nefrectomia:\r\n\\par - \\'e8 necessario interrompere preliminarmente i vasi sanguign\\'ec afferenti ed efferenti del rene, per impedire la \"spremitura\" di eventuali emboli neoplastici durante gli inevitabili maneggiamenti della massa tumorale;\r\n\\par - \\'e8 necessario estendere il pi\\'f9 lontano possibile verso l'alto e verso il basso l'asportazione dei linfonodi aortici;\r\n\\par - si deve potere controllare visivamente e manualmente la presenza di eventuali metastasi a distanza (fegato soprattutto).\r\n\\par \\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 Per questi motivi le incisioni cutanee che offrono le migliori garanzie di dominio del campo operatorio sono le anteriori (con tutte le innumerevoli varianti): tali incisioni sono anche dette transperitoneali, presupponendo appunto l'attraversamento del peritoneo per arrivare alla loggia renale. Questi accessi consentono un ottimo dominio sui vasi sanguigni, offrendo inoltre buone possibilit\\'e0 di manovra sia verso l'alto sia verso il basso (e ci\\'f2 consente una pi\\'f9 agevole asportazione dei linfonodi). Si ribadisce che la linfadenectomia costituisce la fase pi\\'f9 importante ed essenziale della nefrectomia, in quanto l'asportazione completa e radicale dei linfonodi consente una sopravvivenza sicuramente pi\\'f9 lunga. Meno usato \\'e8 l'accesso lombare (in questo caso il malato, sul lettino operatorio, \\'e8 posto su di un fianco, mentre utilizzando l'accesso transperitonale \\'e8 in posizione supina): sicuramente questa tecnica consente un campo operatorio molto pi\\'f9 ridotto, ma offre il vantaggio di un'estrema rapidit\\'e0 di esecuzione (questo intervento pu\\'f2 durare anche meno di 1 ora, a differenza delle tecniche transperitoneali la cui durata media supera le 3-4 ore).\r\n\\par }",
"Primo": "@"
},
{
"Nome": "chir tumore rvescica",
"Codice": "7401",
"Tipo": "T",
"Testo": "{\\rtf1\\ansi\\ansicpg1252\\deff0\\deftab720{\\fonttbl{\\f0\\fswiss MS Sans Serif;}{\\f1\\froman\\fcharset2 Symbol;}{\\f2\\fswiss\\fprq2 Verdana;}}\r\n{\\colortbl\\red0\\green0\\blue0;\\red2\\green2\\blue2;}\r\n\\deflang1040\\pard\\plain\\f2\\fs20\\cf1 TUMORI DELLA VESCICA: LA CHIRURGIA\r\n\\par \r\n\\par L'intervento di elezione per il tumore della vescica \\'e8 la cistectomia totale, cio\\'e8 l'asportazione di tutto l'organo, comprendendo nell'uomo anche la prostata e una porzione pi\\'f9 o meno lunga dell'uretra, anche se in taluni casi si pu\\'f2 ricorrere a una cistectomia parziale.\r\n\\par \r\n\\par CISTECTOMIA TOTALE. Si tratta di un intervento indiscutibilmente mutilante, che implica la necessit\\'e0 di una derivazione urinaria interna o esterna e che provoca quasi sempre la perdita definitiva dell'erezione. Si distinguono due fasi che riguardano in prima istanza l'asportazione. \r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i Asportazione della vescica. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'intervento si svolge secondo tempi successivi che si possono cos\\'ec riassumere: - liberazione della vescica dalle aderenze peritoneali (extraperitoneizzazione): ci\\'f2 sia per potere asportare pi\\'f9 facilmente l'organo sia per controllare eventuali presenze di metastasi verso il cavo peritoneale;\r\n\\par - liberazione dalle aderenze infero -posteriori (clivaggio prostatorettale); lo scopo di questa manovra \\'e8 soprattutto quella di sollevare la vescica per permettere la visualizzazione dei peduncoli vascolari posteriori (che sono i pi\\'f9 importanti della vescica), legati e sezionati i quali, si pu\\'f2 procedere alle fasi successive;\r\n\\par - liberazione della prostata e delle vescicole seminali;\r\n\\par - sezione dell'uretra; il taglio vero e proprio dell'uretra deve essere condotto il pi\\'f9 distalmente possibile, allo scopo di essere il pi\\'f9 lontano possibile da eventuali zone tumorali;\r\n\\par - accurata emostasi. \r\n\\par \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i Creazione della neovescica. \\plain\\f2\\fs20\\cf1 L'intervento prende il nome di \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i enterocistoplastica \\plain\\f2\\fs20\\cf1 (se si usa una porzione di ileo elo di colon) o di \\plain\\f2\\fs20\\cf1\\i neovescica rettale \\plain\\f2\\fs20\\cf1 (se come serbatoio viene usata l'ampolla rettale). Nel caso di enterocistoplastica viene creato un serbatoio utilizzando una porzione di ileo o di colon (pu\\'f2 essere conservata o meno la minzione dell'uretra). Tale serbatoio deve rispondere ad alcuni requisiti fondamentali:\r\n\\par - innanzi tutto deve essere conservata la vascolarizzazione dell'ansa intestinale che si vuole utilizzare, mantenendo accuratamente le connessioni vascolari mesenteriche;\r\n\\par - deve raccogliere e conservare l'urina a bassa pressione;\r\n\\par - deve permettere, nei limiti del possibile, una minzione sotto il controllo della volont\\'e0 (una capacit\\'e0 di 2 o 3 ore viene considerata socialmente accettabile); la porzione di uretra alla quale si anastomizza l'ansa intestinale deve avere conservato il proprio sfintere. Le anastomosi uretrali devono essere confezionate con tecnica antireflusso, allo scopo di proteggere, evitando infezioni ascendenti e dilatazioni ureterali e pieliche, l'alto apparato urinario. Nel caso di neovescica rettale \\'e8 l'ampolla rettale che svolge la funzione di serbatoio (in questo caso deve essere creato un ano preternaturale, oppure viene mantenuta la continuit\\'e0 intestinale e gli ureteri vengono innestati direttamente nel colon utilizzando tecniche antireflusso). Come sistema di contenzione \\'e8 utilizzato lo sfintere dell'ampolla rettale, quindi anche in questo caso lo svuotamento avviene parzialmente sotto controllo della volont\\'e0. In questo intervento \\'e8 prevista una variante importantissima: la deviazione intestinale. infatti alcuni autori propongono l'innesto degli ureteri nell'ampolla rettale e la contemporanea confezione di un ano preternaturale al fianco sinistro: questo per evitare contaminazioni e reflussi (l'ampolla rettale \\'e8 un serbatoio ad alta pressione che non pu\\'f2, essere detubulizzato). Tuttavia la creazione di questo ano iliaco pu\\'f2 esser considerata mutilante e di difficile accettazione da parte del paziente, anche se le casistiche di numerosi autori confermano che, anche a distanza di anni, questa tecnica offre notevoli garanzie.\r\n\\par \r\n\\par CISTECTOMIA PARZIALE. Sotto questo nome si considerano le tecniche che prevedono l'asportazione di una parte della vescica (talvolta sino al 75%) e la ricostruzione del residuo: ovviamente la neovescica avr\\'e0 una capacit\\'e0 ridotta di molto, ma spesso se ne osserva a distanza di mesi una progressiva dilatazione, fino a che il paziente riacquista una discreta autonomia. Sicuramente tale tecnica non offre le garanzie dei suindicati metodi riguardo alla comparsa di eventuali recidive, ma \\'e8 un intervento sotto tutti i punti di vista meno impegnativo (oltretutto la funzione sessuale, nell'uomo \\'e8 sempre mantenuta): perci\\'f2 in parecchie situazioni \\'e8 tuttora proposto. Qualche volta si rende necessario il reimpianto di un uretere (nei casi in cui il tumore si sia sviluppato nei pressi della papilla uretrale e quindi la resezione ne preveda l'asportazione). Sempre in tema di resezioni parziali, un breve cenno anche alle possibilit\\'e0 endoscopiche: il miglioramento dello strumentario (specie l'avvento delle fibre ottiche) consente di ottenere risultati importanti. Il grande vantaggio di queste tecniche consiste nel fatto che la convalescenza \\'e8 molto pi\\'f9 breve: infatti anche pochissimi giorni dopo l'intervento il paziente pu\\'f2 essere dimesso Ga vescica non viene sezionata e quindi non \\'e8 necessario l'abbastanza lungo periodo di permanenza del catetere normalmente occorrente).\r\n\\par \r\n\\par }",
